La Libia 10 anni dopo la fine di Gheddafi. L’esame critico dell’ISPI.

A 10 anni esatti dalla morte, il fantasma di Muammar Gheddafi continua ad aleggiare sulla Libia. Che si avvia al voto del 24 dicembre, per lasciarsi alle spalle un decennio perso.

 

Federica Saini Fasanotti

 

Il 20 ottobre 2011 Muammar Gheddafi veniva catturato a Sirte, sua città natale, e trucidato da combattenti delle forze ribelli. Dalla città costiera la notizia della morte del ‘Qaid’, guida, capo e leader incontrastato della Libia per più di 40 anni, si propagava in poche ore nel resto del paese e del mondo. “Le manifestazioni di gioia della popolazione, finalmente libera da una dittatura durata 42 anni, raggiunsero ogni piazza del paese, inserendosi nell’ondata d’euforia diffusa che le Primavere arabe stavano producendo nel Maghreb così come in Medio Oriente”, ricorda Federica Saini Fasanotti. In realtà, la fine di colui che Ronald Reagan definì “un cane rabbioso”, che per alcuni era uno sponsor del terrorismo e per altri ancora un ‘campione’ del panafricanismo, avrebbe segnato l’inizio di un decennio di turbolenze che hanno portato la Libia sullorlo del baratro, alimentando crepe che tuttora ostacolano l’unità del paese. Di fatto il paese nordafricano è ancora in guerra, attraversato da eserciti stranieri e privo di istituzioni forti, diviso e controllato da una nebulosa di gruppi armati, tribù e fazioni l’un contro l’altra armati, incapaci di ridare vita a un vero e proprio stato unitario. Oggi, a 10 anni dalla sua morte, il fantasma del dittatore continua ad aleggiare su un paese tradito due volte: nelle aspettative create dalla rivoluzione e dalle potenze straniere intervenute per ‘liberarlo’.

 

Una morte e molti misteri?

 

Sulla morte dell’ex dittatore libico, sono ancora molte le domande rimaste in sospeso. Tra chi uccise Gheddafi cerano degli infiltrati? È verosimile che nell’esecuzione a bruciapelo del raìs fossero coinvolti governi stranieri che avevano interesse a mettere a tacere una voce, la sua, che avrebbe potuto rivelarsi scomoda? Intorno al nome di Muammar Gheddafi, infatti, ruota l’inchiesta sui presunti finanziamenti libici nella campagna per le presidenziali francesi del 2007 che portò all’Eliseo l’ex presidente francese Nicolas Sarkozy. Una clamorosa vicenda politico-giudiziaria rivelata dal sito d’informazione indipendente Mediapart, per cui Sarkozy è indagato dal marzo del 2018. In sette anni di indagini, i giudici di Parigi hanno fatto emergere un vero e proprio “sistema Sarkozy”, una rete di personalità francesi e libiche coinvolte in un caso complesso che racchiude interessi politici, diplomatici ed economici, con numerose zone d’ombra. “Una vicenda che – scrive Mediapart – potrebbe aver giocato un ruolo, coi suoi inconfessabili segreti, anche nell’interventismo militare francese in Libia, che precipitò la caduta e la morte di un dittatore che era stato ricevuto in pompa magna a Parigi”. Nell’ottobre 2017 una quindicina di associazioni della società civile di diversi paesi africani hanno denunciato l’ex presidente francese alla Corte penale internazionale dell’Aia, accusandolo di essere responsabile dell’uccisione di Gheddafi nel 2011. Fatto sta che, dopo un decennio, quanto accaduto a Sirte è ancora molto attuale.

 

Un vuoto di potere durato 10 anni?

 

Il giorno in cui l’ex dittatore libico è stato ucciso c’erano molti libici che festeggiavano, ma anche molti costernati dalle circostanze della sua morte. “La gente voleva che Gheddafi fosse portato davanti alla giustizia”, racconta Mary Fitzgerald, del Middle East Institute di Washington, “per molti libici l’esecuzione in stile mafioso di Gheddafi ha ‘disonorato’ una rivolta di cui andavano orgogliosi”. Ma non è solo per questo che l’anniversario di oggi in Libia, è accompagnato da un misto di sentimenti contrastanti su cui prevale la delusione seguita al tradimento delle aspettative sorte all’indomani della sua fine. La caduta di Gheddafi non è riuscita a portare democrazia e stabilità e, meno di tre anni dopo la sua morte, la Libia si ritrovava divisa in due campi rivali. La decisione dell’amministrazione post-rivoluzionaria di vietare agli ex-gheddafiani di ricoprire cariche pubbliche “ha svuotato di ogni competenza le istituzioni statali”, osserva Fitzgerald. E quando il vuoto di potere è diventato evidente, il paese si è fratturato lungo linee etniche, tribali e ideologiche, precipitando in una spirale di guerra civile in cui ogni milizia ha trovato sponsor stranieri pronti a sostenere una fazione e contendersi il controllo sulle risorse petrolifere del paese. Se a spingere per l’intervento armato e la rimozione di Gheddafi nel 2011 erano stati principalmente Stati Uniti, Regno Unito e Francia, oggi – dopo il lungo conflitto tra istituzioni della Cirenaica e Tripolitania – sono Turchia e Russia ad emergere come principali forze di influenza presenti in Libia.

 

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