Quello che ha in mente il nuovo Zar è una pace a modo suo basata su annessione di porzioni di territorio, diktat su alleanze e future scelte di politica estera, prescindendo completamente dalla volontà dei cittadini ucraini; in altre parole una “pax” di stampo autoritario che oggi gli ucraini – dopo trent’anni di sostanziale democrazia – non vogliono subire.

Il racconto che Putin sta facendo sulla guerra scatenata contro l’Ucraina risponde all’esigenza di coprire le vere ragioni che lo hanno portato a questa scelta scellerata e ingiustificabile. La vera paura di Putin non è determinata dalla vicinanza della NATO, quanto piuttosto dalla vicinanza della democrazia; è quello l’accerchiamento che innervosisce il dittatore russo.

L’azione violenta contro l’Ucraina tende a fermare quel vento di libertà che spira in modo sempre più forte dall’occidente europeo verso Mosca e che – nonostante la repressione e l’incarcerazione anche di bambini e persone anziane – porta sempre più persone a scendere in piazza per protestare ed opporsi al regime putiniano. Putin ha raccontato di aver vissuto in modo traumatico la caduta del muro di Berlino e la fine del blocco sovietico del Patto di Varsavia; quell’evento di liberazione dei popoli dell’est-Europa dal giogo della dittatura sovietica è stato da lui vissuto come un’umiliazione per la storia e la cultura russa.

Sono false le pseudo-giustificazioni russe della guerra, come falsa è la dichiarata volontà di ricercare una vera pace, attraverso un negoziato che si svolge con il conflitto in pieno svolgimento, con missili e bombe che cadono incessantemente sulle città ucraine e sui civili; una vera trattativa per la pace dovrebbe svolgersi in una condizione diversa, senza che una delle parti si ritrovi seduta al tavolo con la pistola puntata alla tempia. Quello che ha in mente Putin non è una vera pace, ma una pace a modo suo basata su annessione di porzioni di territorio, diktat su alleanze e future scelte di politica estera, prescindendo completamente dalla volontà dei cittadini ucraini; in altre parole una “pax putiniana” di stampo autoritario che oggi gli ucraini – dopo trent’anni di sostanziale democrazia – non vogliono subire. Nessuno accetterebbe di tornare ad una condizione di sudditanza.

Un concetto abbastanza lineare che però molti – anche nel nostro Paese – faticano a comprendere. Si assiste infatti a dei dibattiti surreali nei quali dall’interno di comodi e riscaldati salotti si filosofeggia sull’opportunità di porre fine alle ostilità disarmando (badate bene!) gli aggrediti, anziché pensare a contrastare gli aggressori; ovvero la legittimazione della legge del più forte, con un arretramento di oltre un secolo in termini di diritto internazionale e di libertà di autodeterminazione dei popoli. 

L’obiettivo è certamente quello della pace, ma di una pace vera e duratura e non di una “pax” imposta dall’invasore con la forza delle armi. Vale per l’Ucraina oggi e per tutta l’Europa nel futuro.