LA SCELTA DEI POPOLARI E IL FUTURO DE “IL POPOLO”.

 

Come rilanciare la proposta e l’iniziativa dei Popolari? Ci possono essere varie soluzioni, tutte implicanti vantaggi e svantaggi al tempo stesso, ma l’importante è uscire dalla penombra della marginalità, non tanto o non solo come singoli, quanto piuttosto come realtà organizzata.

 

 

Giorgio Merlo

 

Innanzitutto non si può non ringraziare l’amico Pio Cerocchi per aver posto con chiarezza, e coerenza, il tema del rilancio della testata “Il Popolo”, il tradizionale e glorioso giornale della Democrazia Cristiana prima e del Partito Popolare Italiano poi. E, al contempo, non si può non sottolineare l’immediata risposta dell’amico Pier Luigi Castagnetti, Presidente dell’Associazione nazionale dei Popolari per aver convocato un incontro nei prossimi giorni a Roma.

 

Ora, è indubbio che in questa delicata e complessa fase di transizione della politica italiana, è quanto mai importante recuperare e rilanciare pubblicamente il ruolo, la funzione e la ricchezza della tradizione politica e culturale del cattolicesimo popolare e sociale. Sì, è vero, in questi anni sono stati spesi fiumi di parole, organizzato centinaia di incontri e scritto infiniti articoli, molti libri e svariate mozioni e appelli per affrontare e approfondire questa tematica, peraltro importante e decisiva per la stessa qualità della nostra democrazia. E, senza farla lunga, siamo arrivati ad un bivio che, diciamocelo francamente, è fatto da tre possibili vie d’uscita. E anche il destino e la prospettiva de “Il Popolo” – argomento da cui siamo partiti in questo scritto – non è estraneo a questa triplice possibilità di impegno.

 

In primo luogo c’è una concreta possibilità – che sarebbe radicalmente innovativa, nonchè coraggiosa e controcorrente in questa fase storica e politica – che potrebbe rilanciare la nostra cultura, il nostro progetto, la nostra tradizione, la nostra storia e, soprattutto, la nostra originalità e specificità nel dibattito politico contemporaneo. Si tratta di rilanciare la sigla e il simbolo del “Partito Popolare Italiano”. Una scelta che sarebbe dirompente ma che, al contempo, segnerebbe la “ripartenza” di un progetto politico che, probabilmente, quasi si impone di fronte al conclamato fallimento politico di altre esperienze partitiche che puntavano a contemplare e a valorizzare questo contributo politico, culturale e valoriale al proprio interno.

 

La seconda strada, ma che contempla una prospettiva del tutto diversa, è quella di siglare come area Popolare “patti federativi” con partiti che, comunque sia, coltivano e perseguono una politica e un progetto con un profilo centrista, democratico, riformista, innovativo e di governo. Una strada, questa, che inesorabilmente trasformerebbe l’area Popolare, seppur declinata con diverse modalità organizzative, in una sorta di “corrente organizzata” all’interno del partito di riferimento. E quindi respingendo al mittente chiunque pensi di ospitare quest’area politica e culturale all’interno di un “partito personale” o “partito del capo”.

 

In ultimo, esiste una terza possibilità. Ed è quella, peraltro coltivata in questi ultimi anni con scarsi se non inutili risultati e ricadute concrete, di limitarsi a declinare un’iniziativa prepolitica e prepartitica. Cioè, per dirla con termini più comprensibili, con un’azione puramente testimoniale. E, di conseguenza, politicamente irrilevante ed elettoralmente inesistente.

 

Ecco perchè, di fronte a queste tre scelte concrete – e mi scuso per la rapidità dell’analisi, del resto necessaria per contenerla in un brevissimo articolo – si pone anche il capitolo del futuro della testata “Il Popolo”. Perchè, come ovvio, a seconda delle decisione che si assumerà cambia anche, e radicalmente, la funzione e il ruolo che può e deve giocare questa gloriosa testata.

 

Comunque sia, qualunque decisione che democraticamente verrà assunta dai vari organismi preposti e dalle singole persone, una cosa sola sarà certa: l’amicizia feconda e rispettosa tra di noi ci sarà sempre. Perchè, come diceva spesso Mino Martinazzoli – e come ci hanno insegnato concretamente e con il loro esempio quotidiano e la loro vita, e senza sbandierarlo, amici come Franco Marini e Gerardo Bianco – “la politica è importante, ma la vita è più importante della politica”. E l’amicizia tra noi Popolari è una precondizione, a prescindere dalle singole appartenenze partitiche e dalle varie storie personali.