La presa di posizione dell’Udc merita il plauso di quanto hanno a cuore l’idea di un’Italia più forte e credibile in Europa. È un segno di speranza sulla capacità del sistema politico di auto proteggersi dal virus del populismo e del sovranismo. Riporta in asse con la visione di un autentico popolarismo l’iniziativa dei centristi vicini a Berlusconi.

In fondo la lettera dei senatori Udc ha come riferimento diretto Forza Italia. Il partito di Cesa sollecita gli azzurri a votare la riforma del Mes. Tuttavia, al di là del Mes, il proposito è lanciare un messaggio di fiducia prendendo le distanze dall’atteggiamento oltranzista di Salvini. In effetti, un passaggio della lettera suona come un richiamo alle ragioni costitutive dell’europeismo democratico Cristiano: “In una delle più tragiche pagine della nostra storia dalla nascita della Repubblica – si legge nella lettera di Antonio Saccone e Antonio De Poli – riteniamo che sia il momento di riaffermare chi siamo, da dove veniamo e dove intendiamo andare. Siamo i figli e i nipoti di chi, dopo le macerie della Seconda guerra mondiale, ha avuto la capacità di saper mettere da parte la diffidenza ed il rancore per costruire una comunità di popoli europei, facendo leva sulla cortesia personale degli altri leaders mondiali, come ebbe a dire Alcide De Gasperi”.

Non è un favore a Conte o a Zingaretti il sostegno offerto in vista del voto di domani. Qualcosa di nuovo si muove, anche nel centro destra, proprio perché è in gioco il futuro del Paese. Non il futuro di un partito o di una coalizione. Altri, ad esempio Quagliariello, si muovono sulla stessa lunghezza d’onda, ma con motivazioni meno limpide per effetto di un inutile sfoggio di realismo a 24 carati, consacrato comunque a riaffermare la posizione strategica antigovernativa.

Qui interessa piuttosto cogliere il segnale di ritorno alla responsabilità di una componente del cattolicesimo politico, consapevole finalmente dell’urgenza di uno scatto di orgoglio e indipendenza. Se son rose fioriranno, quand’anche si debba ponderare il carattere momentaneo, scevro di implicazioni ad ampio raggio, di un gesto parlamentare finanche doveroso nelle attuali condizioni del Paese. Alla crisi non si risponde con le armi del “tanto peggio, tanto meglio”: la cultura che erige De Gasperi a nume tutelare di una sana politica democratica reclama in fin dei conti la scelta della responsabilità.

Dopo si vedrà.