In tante città italiane ha avuto grande successo l’iniziativa delle cosiddette “sardine”.
È un fenomeno che va capito ed interpretato, piuttosto che “giudicato” oppure “cavalcato”.
Molti lo vedono come sfida a Salvini, il “tonno” dal quale le sardine vogliono difendersi.
In realtà, temo, il tonno in questione non subirà decisivi danni nell’immediato, anche perché si tratta di una manifestazione di impegno molto legata alle realtà urbane e rappresentativa di un mondo già immune rispetto alle lusinghe della destra.

Ciò non di meno, bisogna guardare con fiducia, interesse e simpatia a queste manifestazioni pubbliche, perché puntano dichiaratamente ad un “risveglio delle coscienze personali” contro un declino segnato da odio, pregiudizi e paure.
Si tratta di una delle tante manifestazioni di disagio da parte di quella parte di società che ancora non si rassegna al declino culturale e civile della vita democratica.

Una parte di società che non “abbocca” alla lusinga dell’Uomo Forte e Solo al comando; che non rinuncia allo sforzo di mantenere vivi i valori di umanità; che non intende barattare la propria libertà per una illusoria promessa di sicurezza.
Non è e non sarà – immagino – un nuovo “partito”. E neppure rappresenta una compiuta risposta “politica” alla deriva che sta interessando il nostro paese e molte nazioni europee, in conseguenza di cambiamenti epocali e radicali.
Ne costituisce però una delle premesse civili e culturali. Perciò è importante: attenua la diffusa passività di molti difronte ad un modo di fare politica che sta minando alla radice la democrazia.
È una fiammata di consapevolezza e di partecipazione salutare: effimera magari nel tempo e nelle basi costitutive, come tutti i fenomeni maturati attraverso la Rete, ma salutare.

In questo senso, più che per Salvini, è una sfida positiva alle culture politiche democratiche, popolari ed europeiste.
Tocca a loro leggere questo fenomeno, rispettarlo per ciò che esprime, abbandonare ogni velleità impropria di “reclutamento” nelle vecchie categorie partitiche e rispondere invece con un progetto politico che sia all’altezza di ciò che questa partecipazione inedita intende evocare.
Cioè con una una politica credibile, affidabile, trasparente, coraggiosa e coerente con il “bisogno” di futuro.

Una politica rinnovata nei linguaggi, nei contenuti, nei metodi e nella classe dirigente, oltre ogni tentazione di praticare un inesistente “populismo buono”, ma impegnata nel riconquistare il senso autentico della sua missione di guida dei processi di cambiamento. In altre parole, il suo carisma e il suo consenso sociale.
Una bella sfida per quella parte della politica italiana che intende rigenerare su basi nuove il percorso della nostra democrazia intesa come progetto di comunità aperta, solidale, europea, come bene è stato descritto nel Manifesto Zamagni.