LA SINISTRA DC E LA SUA CLASSE DIRIGENTE: UN UNIVERSO POLITICO CHE NON SI PUÒ DIMENTICARE. 

 

È indubbio che la sinistra Dc nel suo complesso – ovvero la “sinistra sociale” e la “sinistra politica” – presentava tutte le caratteristiche di una classe dirigente di straordinario livello e qualità, pur senza rinnegare la statura e il profilo dei dirigenti delle altre componenti interne al partito. Non si poteva agire se non dietro ad un “pensiero”, per dirla con Ciriaco De Mita. E non si era protagonisti ed incisivi nella politica se non si conoscevano le “profonde dinamiche che regolano una società”, per dirla con Carlo Donat-Cattin.

 

Giorgio Merlo

 

Anche i principali detrattori e gli insultatori seriali – a livello giornalistico, storico ed editoriale – riconoscono che la classe dirigente della Democrazia cristiana era di livello. Ovvero, era una classe dirigente fatta di leader e di statisti. A livello nazionale, soprattutto, ma anche a livello locale. Una classe dirigente autorevole, profondamente radicata nei territori, espressione di interessi sociali ben definiti e dotata di una cultura politica che affondava le sue radici nel cattolicesimo politico. Con sensibilità diverse, come ovvio, ma comunque sia riconducibili alla tradizione del cattolicesimo sociale, democratico e popolare. Una classe dirigente che ha contribuito a rafforzare e a consolidare la democrazia nel nostro paese e a disegnare un modello di società che, seppur tra alti e bassi, ha condotto e guidato l’Italia con coerenza, serietà e determinazione. Senza deviazioni autoritarie o scorciatoie presidenzialiste ma sempre nel rispetto dei principi e dei valori costituzionali. Dopodichè, come tutti sappiamo – e lo sanno anche gli storici detrattori e gli insultatori seriali – si trattava di una classe dirigente molto variegata e composita dove spiccavano personalità e accenti molto diversi tra di loro. All’interno di questo universo valoriale, culturale e politico, è indubbio che la sinistra Dc nel suo complesso – ovvero la “sinistra sociale” e la “sinistra politica” – presentava tutte le caratteristiche di una classe dirigente di straordinario livello e qualità, pur senza rinnegare la statura e il profilo dei dirigenti delle altre componenti interne al partito.

 

Ma, per fermarsi alla esperienza vissuta ed interpretata dagli uomini e dalle donne della sinistra Dc, è indubbio che emerge una sola e grande domanda: e cioè, com’è possibile che quella pagina della nostra storia politica e culturale possa essere chiusa ed archiviata definitivamente? Ovvero, senza alcuna possibilità di replicare, seppur in forma aggiornata e rivista, una pagina politica che era e resta innanzitutto una concreta espressione di una cultura politica? Certo, non esistono più le condizioni politiche e storiche che possano replicare meccanicamente una esperienza che ha condizionato per decenni l’evoluzione e il cammino della nostra democrazia. A cominciare dalla presenza di un partito, la Dc, che garantiva a quelle storiche componenti di dispiegare sino in fondo quella specificità.

 

Ma, al di là dello scorrere della storia, è indubbio che su almeno 3 aspetti quella esperienza politica e culturale non può essere banalmente ed irresponsabilmente storicizzata.

In primo luogo la cultura politica che sprigionava la sinistra Dc – sia nella sua versione più sociale sia in quella più politica – continua ad essere di una bruciante attualità. Basti pensare, per fare due soli esempi, alla rinascente “questione sociale” da affrontare e risolvere e alla necessità, al contempo, di rivedere profondamente l’assetto e la funzione delle nostre istituzioni democratiche. Due esempi che non possono essere consegnati alla improvvisazione o alla casualità. Come se bastasse un partito populista, una “sinistra per caso” com’è quella dei 5 stelle ad affrontare questi temi o un sinedrio di apprendisti. Servono una cultura politica e una visione di società che una concreta esperienza, come quella della sinistra Dc, può ritornare utile e persin necessaria.

 

In secondo luogo la modalità del far politica della sinistra democristiana. “Pensiero ed azione” era un binomio inscindibile. Non si poteva agire se non dietro ad un “pensiero”, per dirla con Ciriaco De Mita. E non si era protagonisti ed incisivi nella politica se non si conoscevano le “profonde dinamiche che regolano una società”, per dirla con Carlo Donat-Cattin. “Pensiero ed azione”, quindi, come regola aurea contro ogni forma di deriva populista, demagogica e qualunquista.

 

In ultimo, ma non per ordine di importanza, non esisteva solo la categoria della “fedeltà” per intraprendere l’attività politica. La selezione era, a suo modo, spietata. Gli ingredienti decisivi e qualificanti per emergere nella politica, e quindi nel partito, e per approdare nelle istituzioni erano altri. Ovvero, preparazione, rappresentanza sociale, radicamento territoriale e capacità di reggere un confronto politico e culturale. In sintesi, “qualità” e autorevolezza della classe dirigente. Ecco perchè il patrimonio della sinistra Dc non può e non deve andare disperso. Nè lo si può semplicisticamente storicizzare. Tocca anche a chi ha vissuto quella esperienza non disperderla. Soprattutto in una fase politica costituente e, per molti aspetti, nuova ed inedita come quella che si è aperta dopo il voto del 25 settembre scorso.