LA SOLIDA FEDE, IL VIVO «SENSUS ECCLESIAE» E LO SLANCIO MISSIONARIO DEL CARDINALE TOMKO.

«Faticare e soffrire per questa Chiesa missionaria viva!». Sono alcune parole del Testamento spirituale del cardinale slovacco Jozef Tomko — morto lunedì 8 agosto all’età di 98 anni — che il cardinale Giovanni Battista Re, decano del Collegio cardinalizio, ha letto nell’omelia delle esequie da lui celebrate, nella mattina di giovedì 11 agosto, all’altare della Cattedra della basilica di San Pietro. Di seguito l’omelia del cardinale decano.

Giovanni Battista Re

Siamo raccolti intorno all’altare del Signore per pregare e per dare l’estremo fraterno saluto al cardinale Jozef Tomko, che il Signore ha chiamato a sé all’età di 98 anni. Era il più anziano dei cardinali.

Lo facciamo animati e sorretti da quella fede che ci assicura, come ci ha detto san Paolo nella prima lettura della messa, che col venir meno di questa dimora terrena, riceveremo da Dio un’abitazione non costruita da mani d’uomo; riceveremo una dimora eterna, nei cieli (cfr. 2 Cor 5, 1), nell’unione con Dio e nell’immensità del suo amore.

 

Tutta la lunga e intensa vita del cardinale Tomko fu consacrata al servizio di Dio e dei fratelli e, nella sua gran parte, dedicata al servizio qui nella Curia romana. Nel corso degli anni ricevette numerosi incarichi, che considerò sempre — sono parole sue — una «chiamata a servire».

 

Con lui scompare una figura che ha fatto onore alla Curia romana per la solidità della sua fede, per la genuina spiritualità, per il vivo sensus Ecclesiae, il grande equilibrio nei giudizi, la pacatezza, il buon senso, l’amabilità e la finezza di tratto.

 

Entrò giovanissimo nel seminario della diocesi di Košice. Appena nel 1945 terminò la seconda guerra mondiale, Jozef Tomko fu dal suo vescovo inviato a Roma per completare gli studi presso la Pontificia università Lateranense, dove conseguì la laurea in Diritto canonico, e poi si laureò in Teologia e Scienze sociali presso l’università Gregoriana.

 

Terminati gli studi, le vicende storiche della sua nazione, a motivo — come sappiamo — dell’installazione della Repubblica Socialista Cecoslovacca e l’opposizione del governo comunista nei riguardi della Chiesa cattolica, gli impedirono di rientrare in patria. Così il 12 marzo 1949 fu ordinato sacerdote qui a Roma e incardinato nella diocesi di Roma. All’inizio gli fu affidato il compito di vice-rettore del Pontificio collegio Nepomuceno.

 

Nel 1962 fu assunto presso l’allora Congregazione del Santo Ufficio, dove, attesa la sua notevole preparazione teologica, divenne presto capo dell’Ufficio dottrinale. In quegli anni pubblicò una serie di articoli e testi che attirarono l’attenzione per la competenza dottrinale e per la chiarezza di esposizione.

 

Nel dicembre 1974 Papa Paolo vi lo nominò sotto-segretario della Congregazione per i vescovi e nel luglio 1979 Papa Giovanni Paolo ii gli affidò l’incarico di segretario generale del Sinodo dei vescovi e il Papa volle personalmente conferirgli l’ordinazione episcopale. Dato che solo pochissime persone avevano potuto ottenere dal governo ceco-slovacco il permesso di venire dalla Slovacchia a Roma, l’ordinazione episcopale non ebbe luogo nella basilica Vaticana — com’era progettato in un primo tempo — ma nella Cappella Sistina, ambiente più piccolo, e per desiderio pontificio quella celebrazione fu caratterizzata da particolare solennità, perché il Papa voleva sottolineare la sua vicinanza alla Slovacchia e a tutta la Chiesa del silenzio in quel momento tanto duro e difficile per i cattolici residenti oltre quella che Churchill chiamò la «cortina di ferro».

 

Come motto per lo stemma episcopale scelse le parole di San Paolo: «Ut Ecclesia aedificetur». Ed edificare e servire la Chiesa fu l’impegno, meglio, fu la passione dell’intera vita del cardinale Tomko.

 

Come segretario generale l’arcivescovo Tomko cercò di dare sviluppo all’attività del Sinodo dei vescovi, che allora era un’istituzione ai suoi primi passi, perché creata da pochi anni da Paolo vi. L’arcivescovo Tomko cercò di imprimerle un forte dinamismo, attuando in stretta collaborazione col Papa Giovanni Paolo ii, col quale si sentiva in sintonia profonda e anche in amicizia. In quegli anni pubblicò un volume dal titolo Il Sinodo dei Vescovi, natura, metodo, prospettive, che fu molto apprezzato.

 

Durante i sei anni come segretario del Sinodo, il cardinale Tomko ebbe varie volte l’incarico di rappresentare il Papa e la Santa Sede a riunioni di vescovi in varie parti del mondo. Ebbe così modo di acquistare una profonda conoscenza della realtà di molte Chiese particolari e di esperimentare la collegialità affettiva ed effettiva.

 

In questo modo, la Provvidenza lo aveva preparato ad allargare il cuore alla dimensione della Chiesa universale. E così nel 1985 fu nominato prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli e quasi subito dopo creato cardinale.

 

Convinto che «Dio apriva alla Chiesa un’umanità preparata alla semina evangelica» (cfr. Redemptoris missio, 3), il cardinale diede esempio di grande slancio missionario e apostolico.

 

Curò subito contatti diretti con quanti operavano nei territori di missione. Con spirito di apertura ai popoli e senso di universalità, si prodigò con tutte le sue energie in un centinaio di viaggi nei territori affidati al suo Dicastero, mettendo sempre al centro nei suoi interventi Cristo al centro e manifestando grande apertura ai popoli, alle loro culture, alle loro tradizioni.

 

Il volume Sulle strade della missione, da lui pubblicato nel 2008, documenta la grande ansia missionaria che lo animava e anche quanto ha realizzato e soprattutto quanto il cardinale Tomko ha fatto a favore dello sviluppo missionario e del rafforzamento delle Chiese particolari dei suoi territori: la creazione di molte nuove diocesi, la riforma dei seminari, la costruzione di nuove chiese, di centri educativi, centri sociali, valorizzando la cooperazione missionaria organizzata dalle Pontificie opere missionarie in molti Paesi.

 

Nel testamento spirituale redatto il 26 febbraio 2007, il cardinale Tomko scrive che il ministero svolto alla guida della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli «gli aveva preso il cuore» e precisa: «Sentivo questo servizio missionario come un contributo alla costruzione e alla crescita del Corpo mistico di Cristo ed amavo le giovani Chiese missionarie con tutta la loro bellezza ma anche con la loro fragilità: le celebrazioni, i vescovi ed i missionari, i seminaristi, le religiose, il popolo normalmente povero. Era bello faticare e soffrire per questa Chiesa missionaria viva»! (dal Testamento spirituale).

 

Terminato per raggiunti limiti di età il compito di prefetto del Dicastero per l’evangelizzazione dei popoli, dove fu per 16 anni, fu nominato presidente del Pontificio Comitato per i Congressi eucaristici internazionali.

 

Più volte fu incaricato sia da Papa Giovanni Paolo ii sia da Papa Benedetto xvi di rappresentare il Papa a particolari celebrazioni. Fra tutte queste, mi limito a ricordare quella come inviato speciale di Benedetto xvi per il centenario della dedicazione della chiesa dell’Immacolata Concezione a Mosca nel 2011. In quella occasione, parlando in lingua russa — che lui ben conosceva — il cardinale Tomko fece memoria di una storia gloriosa, anche se molto dolorosa, e manifestò apprezzamento per l’inizio di un nuovo risveglio religioso nella società russa dopo gli eventi del 1989.

 

Ora noi nella preghiera affidiamo a Dio questo nostro confratello, perché nell’immensità del suo amore gli dia quella gioia e quella pace, che si è guadagnate col suo fedele e generoso servizio alla Chiesa, al Papa e alla Santa Sede.

 

Abbiamo sentito nel Vangelo «abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Vado a prepararvi un posto… Poi verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi» (Gv 14, 1.2.3).

 

Sono queste parole pronunciate da Gesù durante l’Ultima Cena, quando gli apostoli stavano per scontrarsi con l’apparente fallimento di Gesù con la sua morte in croce. «Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me». Ci aggrappiamo anche noi a queste parole, mentre offriamo la santa messa per il cardinale defunto, chiedendo a Dio di concedere anche a noi di portare a termine la nostra corsa terrena nella fedeltà senza riserve e in uno slancio mai smentito nel servizio della Chiesa e dei fratelli, di cui il cardinale Tomko ci ha lasciato edificante testimonianza.

FONTE: L’Osservatore Romano – 11 agosto 2022.