Maura Viceconte, classe 1967, ha glorificato il suo paese dal 1994, quando vinse il titolo di campionessa italiana nella Maratona. Una serie di successi sportivi la conducono a vincere la maratona di Roma nel ’99.

Seguiranno Vienna, Praga, Napoli, dove nel 2003 vinse il suo ultimo oro. Non fu il suo ultimo successo. Il più grande lo ebbe nel 2010, quando sconfisse il tumore maligno al seno che la fece tribolare per tre anni. Una grande vittoria. Lo stato emotivo con cui la fibra di Maura si trovò a fare i conti fu un gran peso, tale che nemmeno una sportiva di rango riesce a tenersi con leggerezza.

Non era fatta di ferro, ma di carne e sangue come tutti noi. Il cuore, sempre oltre l’ostacolo, è lo stato mentale con cui ogni sportivo deve fare i conti, in una vita fatta di successi da rincorrere e record da superare, una quotidianità che deve mediare tra il lavoro e la famiglia, tra la vita pubblica e la vita privata, in quella salute che deve essere sempre perfetta, come l’umore, sempre alto. Sappiamo che ciò non è possibile. Eppure lo sport, che nacque millenni fa come preparazione alla disciplina militare, richiede molto, tanto. Tutto. Le scariche di adrenalina a cui gli sportivi devono rispondere con tenacia, fermezza, allenamenti continui, costituisce il loro tenore di vita. Una vita per certi versi “aliena”, soprattutto per gli sportivi di professione.

Maura Viceconte lo scorso 10 febbraio si è tolta la vita, impiccandosi a casa sua, nella provincia di Torino. Oggi 14 febbraio a distanza di un anno, sua sorella Simona, anch’ella sportiva, anch’ella chiamata alla stessa vocazione al ricordo luttuoso, si è tolta la vita, allo stesso modo. Non si sa se l’estremo gesto sia legato al ricordo, al dolore per la scomparsa di Maura, a cui era molto legata.

Ciò che dobbiamo ricordare è che i nostri atleti sono l’orgoglio della nazione e che non bisognerebbe mai lasciarli soli; soprattutto quando le luci della ribalta si spengono, per un motivo o per un altro. Malattia, famiglia, immissione nel mondo del lavoro. Sono tanti i motivi che spingono un atleta a cambiar vita. Ciò che non dovremmo mai dimenticarci, è che loro sono, spesso, più sensibili di tanti altri.