Per la Festa di Sant’Anna del 1944, Mercoledì 26 Luglio, arrivò la disposizione tedesca di evacuazione di tutto il territorio di Sant’Anna di Stazzema nella zona di Camaiore.
Per trovare il paese di Sant’Anna, frazioncina di Stazzema, Provincia di Lucca, a 660 metri sul mare, appollaiato su un contrafforte delle Apuane, bisogna proprio volervisi recare, è più difficile che trovare i paesi intorno a Monte Sole e Marzabotto in zona Sasso Marconi.

Ma il 12 Agosto del ’44 il Capitano Anton Galler (non Reder quindi, come anche tanta vulgata comunista insistette per decenni dopo la Seconda Guerra; un criminale ‘unico’ per molte stragi, in galera a Gaeta, risolveva molte cose…), il fornaio austriaco Anton Galler, della terroristica 16. Panzergrenadier-Division “Reichsfüher-SS” (come Reder), portata in Italia per fare la guerra ai civili, risalì fino a Sant’Anna e sterminò 560 persone.

Attribuita ogni strage a Reder, ‘chiusa’ quindi, colpevolmente d’accordo tutti, la ricerca dei singoli volenterosi carnefici, di cui molti tedeschi giovanissimi, altri dell’Est (ucraini etc.), il volenteroso Anton Galler è potuto morire tranquillo a 90 anni in Spagna nel 1995. Vi si era rifugiato poco prima che la Procura Militare di La Spezia cominciasse a spulciare con pazienza i tantissimi fascicoli rinvenuti nell’ormai tristemente famoso ‘armadio della vergogna’, dove con una incostituzionalissima “archiviazione provvisoria”, nel 1960, fu messa una coltre oscura sulle nefandezze delle SS – ma anche della Wehrmacht – ai danni di migliaia di civili italiani. (Vabbè, c’era la Guerra Fredda.) Non c’è che dire: una delle perle – purtroppo – della prima repubblica. La credibilità si erode anche così; il tempo arriva… .
Da notare: in fatto di disumanità (è un dato) nelle SS si distinsero gli austriaci: austriaco era il Comandante di Treblinka (che come ormai si sa fu peggio di Auschwitz), Franz Stangl, un umile poliziotto, austriaco era Walter Reder, austriaco era il Galler di Sant’Anna, austriaco era Albert Meier, un caporale ventiquattrenne specializzatosi nel mitragliare donne e bambini nella tragica settimana di Marzabotto (morto nel suo letto da convinto nazista: “Loschi bacilli, hanno avuto quel che si meritavano”). E naturalmente tutti ‘cattolici’.

Gitta Sereny scrive un resoconto insuperabile, “In quelle tenebre”, Adelphi, intervistando in carcere Franz Stangl, di Treblinka; finita l’intervista, ‘liberatosi’ di tanto peso, muore d’infarto.
Per capire la mentalità popolare che dette una bella mano ai Nazisti bisogna proprio leggere “In quelle tenebre”. Scritto con quel distacco storico oggettivo con cui solo gli inglesi riescono a trasformare un fatto passato in una terribile cronaca di oggi.