l’immunologa dell’Università di Padova Antonella Viola in un post su Facebook, commentando la nuova variante di Sars-CoV-2 scoperta da poco in Inghilterra chiarisce che: “Non sappiamo se la nuova variante” di coronavirus “sia più pericolosa: non si sa ancora se si trasmette più facilmente, se causa una malattia più o meno grave, se si nasconde meglio al sistema immunitario. Quindi niente panico: va tenuta sotto osservazione, ma per il momento potrebbe essere una variante che non cambia lo stato delle cose”.

“La variante che il Public Health England chiama ‘VUI-202012/01’ (sigla complessa che sta a significare che è la prima variante sotto osservazione a dicembre 2020) è stata identificata in più di 1.100 pazienti nelle regioni del sud ed est dell’Inghilterra – ricostruisce Viola – Questa variante avrebbe diverse mutazioni e alcune interesserebbero la proteina ‘spike’, la chiave utilizzata dal virus per entrare nelle nostre cellule e quella contro la quale si generano gli anticorpi neutralizzanti. Sembra che si tratti di una delezione (perdita) di 2 amminoacidi (i mattoncini che formano la proteina). Ma a parte diversi annunci, i dati non sono ancora stati mostrati (pare che stia per arrivare un pre-print da Cambridge)”.

“Non è sorprendente che il virus muti – evidenzia Viola – e che compaiano delle nuove varianti. Spesso queste varianti vengono selezionate proprio a causa della pressione selettiva operata dagli anticorpi prodotti durante l’infezione: il virus muta per caso mentre si replica, ma se gli anticorpi non riescono a bloccare bene una delle varianti, questa prende il sopravvento sulle altre. Questo è uno dei motivi per cui sarebbe bene non far circolare il virus: maggiore possibilità di mutare gli diamo, più rischi corriamo”.

“Per quanto riguarda l’efficacia di anticorpi monoclonali e vaccini nei confronti di questa nuova variante, non possiamo ancora dire nulla e speriamo che i ricercatori rendano subito disponibili i loro dati. In teoria, alterazioni della ‘spike’ potrebbero aver effetto sulla capacità del virus di entrare nelle nostre cellule, così come potrebbero rendere meno efficaci gli anticorpi monoclonali e alcuni dei vaccini in produzione. Ma la possibilità che i vaccini siano inefficaci è davvero bassa”, conclude l’immunologa.