La via normale per il monte Bianco

La via normale italiana venne aperta nel 1890 da Luigi Graselli, Giovanni Bonin e Achille Ratti, il futuro papa Pio XI.

Poche volte nella vita ci si trova in una paradiso naturale come quello della Val Veny.
Una vallata alpina situata in Valle d’Aosta, ai piedi del massiccio del Monte Bianco, a sud del paese di Courmayeur, modellata dai ghiacciai del Miage e della Brenva e dalla Dora di Veny, che si congiunge nei pressi di Dolonne con la Dora di Ferret a formare la Dora Baltea.

Un punto di partenza importante per i molti escursionisti che vogliono percorrere in lungo e in largo il monte Bianco.

Ma, fra tutti i sentieri che si possono percorrere, ve ne è uno che possiede un misticismo particolare.

La via normale italiana per il Bianco.

Non è strano incontrare delle vie, non alpinistiche, che salgono sulle montagne, ma questa è veramente particolare, non tanto per la sua struttura, quanto per coloro che la percorsero per primi.

Dopo la prima storica ascesa al monte Bianco compiuta nel 1786 ad opera di Jacques Balmat e Michel Gabriel Paccard, sul lato francese, sono state individuate molte vie di salita.

La via normale italiana venne aperta nel 1890 da Luigi Graselli, Giovanni Bonin e Achille Ratti, il futuro papa Pio XI.

Questa via, oggi denominata via Ratti, non fu la sola ad essere percorsa dal futuro Papa.

Pio XI fu un grande alpinista: scalò diverse vette delle Alpi e fu, inoltre, il primo – il 31 luglio 1889 – a raggiungere la cima del Monte Rosa dalla parete orientale.

Nel 1899, ebbe, anche, un colloquio con il famoso esploratore Luigi d’Aosta,  Duca degli Abruzzi per partecipare alla spedizione al Polo Nord che il Duca stava organizzando. Ratti non venne preso, si dice, perché un sacerdote, per quanto eccellente alpinista, avrebbe intimidito gli altri compagni di viaggio, rudi uomini di mare e montagna.

La via del Papa, oggi, si svolge normalmente in due giorni.

Il primo viene impegnato nell’avvicinamento e nella salita al rifugio Francesco Gonella; il secondo per la salita finale e per il ritorno.

Ma non è obbligatorio seguire l’intero percorso.

Credo che delle tappe non previste possano essere necessarie per riuscire ad apprezzare la valle nel suo insieme.

Partendo da Courmayeur e iniziando a inerpicarsi per la Val Veny, la prima tappa dovrebbe essere il santuario di Notre-Dame de la Guérison, che si trova sullo sfondo del maestoso ghiacciaio della Brenva, in un luogo che fin dal Seicento è stato teatro di numerose guarigioni miracolose. Già in epoca antica infatti, nella zona era venerata una statua dedicata alla Vierge du Berrier, dapprima esposta in una semplice nicchia, poi trasferita all’interno di un vicino oratorio, costruito sulla roccia.

I moltissimi ex voto presenti, riguardano maggiormente alpinisti che hanno scampato il pericolo durante i tentativi di risalita del Bianco o l’attraversamento dei tanti valichi.

Da qui ci si può spostare verso il lago Combal (1900 m), fermandosi per la notte al rifugio Elisabetta.

Per i più avvezzi alla montagna non sarà troppo complicato, arrivati a questo punto, raggiungere il rifugio Francesco Gonella (3071 m) collocato su uno sperone roccioso sopra il ghiacciaio del Dôme.

Dal rifugio Gonella, è possibile risalire il ghiacciaio del Dôme in tutta la sua estensione arrivando al colle di Bionassay. E, una volta percorsa la cresta di Bionassay e aggirato il Dôme du Goûter, si incrocia la via normale francese. Su cui prosegue la salita.