Articolo a firma di Liliana Ocmin (edizione odierna di Conquiste del lavoro) 

Ancora una volta sono i fatti di cronaca a parlare di minori. Se si parlasse di loro, con la stessa frequenza, in termini di diritti conquistati, probabilmente saremmo già a metà strada rispetto all’obiettivo ONU per il 2030 di porre fine, oltre alla violenza di genere, ad ogni forma di discriminazione e sopruso nei confronti di bambini, bambine e ragazze, compresa la violenza assistita o passiva. La violenza, purtroppo, rappresenta a volte quel filo rosso che tiene insieme adulti e minori, mamme e figlie/i, accomunate/i dallo stesso drammatico destino. Il nuovo sconcertante caso di femminicidio consumato in presenza di una minore – parliamo della donna uccisa per mano del marito, reo confesso, a Cisterna di Latina – avrà sicuramente ripercussioni emotive e psichiche non indifferenti sulla piccola vittima.

È stata proprio la figlia di 10 anni a dare l’allarme. Una bimba che, come avviene in questi casi, in un colpo solo si ritrova senza mamma e senza papà. Se la violenza sulle donne è violazione dei diritti umani, quella sulle bambine e sui bambini, è un qualcosa che va oltre e che attiene a quel senso di “sacralità” che attribuiamo ad ogni fanciullo e fanciulla in quanto rappresentano nel loro il futuro di tutta l’umanità. Bisogna dire basta a questo scempio, prevenendo e punendo tutte le forme di sopraffazione che oggi “deturpano” e segnano per sempre la loro vita, in Italia e nel mondo, facilitando e sostenendo nel contempo la loro resilienza. Il fenomeno delle spose e degli sposi bambini ad esempio – esistono anche gli sposi bambini – rappresenta un’altra di queste forme, su cui si sta concentrando recentemente l’attenzione delle istituzioni e delle forze politiche e sociali nel tentativo di modificare questa triste narrazione.

I dati dell’Unicef a riguardo sono eloquenti, raccontano di 765 milioni di minori, di cui 115 milioni di bambini, che si sono sposati in tenera età. Le bambine e le ragazze restano la categoria più colpita: una giovane donna su 5 tra i 20 e i 24 anni si è sposata prima del suo diciottesimo compleanno, rispetto a un giovane uomo su 30. E mentre la percentuale, le cause e l’impatto dei matrimoni precoci sulle ragazze sono stati ampiamente studiati, quelli sui ragazzi e bambini ancora scarseggiano. In ogni caso, i bambini maggiormente a rischio di matrimoni precoci provengono da famiglie poverissime, vivono in zone rurali e spesso non posseggono alcuna istruzione. Il matrimonio minorile, che come Coordinamento nazionale donne riteniamo debba essere collocato, soprattutto per le vittime sotto i 13 anni, nel reato della pedofilia, interessa per via delle migrazioni anche il nostro Paese. Attraverso le analisi di alcune associazioni impegnate sul tema, i casi in Italia pare che si aggirino intorno ai duemila ogni anno.

Per cui occorre intervenire affinché queste pratiche, oltre al divieto già esistente in Italia, siano inquadrate come reati penali propri e quindi punibili con la reclusione, senza dimenticare però il fondamentale impegno sulla prevenzione. Su questi argomenti sono stati depositati lo scorso anno in Parlamento alcuni disegni di legge che contemplano, insieme alla violenza legata al genere, anche il problema dei matrimoni forzati. L’altro ieri siamo stati chiamati a partecipare come Cisl ad un’audizione presso il Senato sull’esame di questi provvedimenti per portare anche le nostre riflessioni a riguardo. Diverse le novità contenute nelle proposte in esame, tra cui evidenziamo positivamente: il riconoscimento del reato dei matrimoni forzati, l’inasprimento delle pene per i reati commessi nei confronti di minori, l’extraterritorialità del reato, la previsione di un Osservatorio sul fenomeno, la formazione degli operatori di polizia e carabinieri referenti in materia, i corsi per i condannati per prevenire le recidive, la maggiore severità per il reato di diffusione di immagini o video sessualmente espliciti (revenge porn) e il passaggio dalla punibilità a querela a quella d’ufficio per i reati sessuali su minorenni.

Abbiamo formulato più di qualche suggerimento, in particolare per quanto riguarda la formazione degli operatori di polizia e carabinieri, chiedendo finanziamenti adeguati e in linea con l’attuale Piano Nazionale Antiviolenza, il coinvolgimento del sindacato, l’affidamento alla contrattazione collettiva e l’estensione anche a magistrati, assistenti sociali e operatori coinvolti. Inoltre, per la partecipazione del condannato ai corsi speciali di formazione, abbiamo precisato che la stessa non potrà avere effetti sulle decisioni processuali e fungere da attenuante.

Auspichiamo a breve, comunque, la stesura di un unico testo bipartisan che raccolga tutte le proposte legislative esistenti – coincidono in più parti – da rimettere all’esame delle Aule parlamentari. La violenza e la prevaricazione su bambini e bambine è un male da estirpare subito, tardare può continuare a comprometterne irrimediabilmente la crescita personale e il normale sviluppo delle capacità socio-relazionali, con gravi conseguenze di disadattamento e rischio di ripetizione futura della violenza subita.