Massimo Gandolfini, portavoce della Manifestazione «Scegliamo la Vita», indirizza una sua lettera al direttore dell’Avvenire per sollecitare un’azione diretta a smantellare la legge sulla interruzione volontaria di gravidanza. Marco Tarquinio, nella rubrica “Il direttore risponde”, spiega garbatamente che l’approccio dell’oltranzismo pro-life non lo convice. E suggerisce una diversa modalità per contrastare la scelta abortista, sicuramente dolorosa per ogni donna.  

Il confronto che ieri ha occupato sul giornale dei Vescovi italiani lo spazio riservato al dialogo del direttore con la comunità dei lettori rappresenta una novità. Per la prima volta si cerca di dare forma a una posizione che nel rispetto della linea a difesa della vita – in questo caso del nascituro – metta da parte la suggestione dello scontro a testa bassa, fino ad arrivare alla cancellazione della legge 194.

Vale la pena seguire le argomentazioni dei due interlocutori, anche per capire, evidentemente, come evolve il dibattito in seno al mondo cattolico sui temi cosiddetti sensibili.

Scrive Gandolfini: “ […] alla luce delle parole dei Pontefici che hanno segnato il nostro tempo, si “deve” smontare. Proprio sulla base delle stesse conoscenze scientifiche – 44 anni fa non avevamo neppure l’ecografo! – con mentalità rigorosamente laica, oggi nessuno può dire che embrione e feto non sono indiscutibilmente “uno di noi”, un essere umano a tutti gli effetti. E una società davvero civile – cioè fondata sul riconoscimento dei diritti umani universali, primo fra tutti il diritto alla vita del più debole e indifeso – non può ignorare che negare tutto ciò spalanca le porte a ogni sopruso, in nome del personale interesse e della cosiddetta “libera scelta”. 

“Nessuno di noi – continua Gandolfini – è così ingenuo da pensare di poter ottenere tutto e subito, ci vogliono saggezza e pazienza, prudenza e lungimiranza, ma la stella polare cui guardare deve essere sempre, in ogni contingenza, ben chiara: non possiamo rassegnarci a una legge “integralmente iniqua”.

Ed ecco, nel nucleo essenziale, la replica di Tarquinio: “[…] Penso anche che la 194, come tutte le leggi, ma un po’ di più, sia una legge che ha dentro di sé cose diverse. Non l’avrei votata così com’è proprio come non voterei mai per la pena di morte perché sono contro ogni norma “letale”. E considero l’aborto una tragedia immensa per il figlio abortito – uno di noi – e per la donna-madre che vive questa prova”.

“Non mi stanco di ripetere – aggiunge il direttore di Avvenire – che le leggi sono anche, e spesso soprattutto, il “modo” in cui le applichiamo. E io so che la 194 può essere usata per rimuovere le cause dell’aborto, ma so pure che purtroppo non lo si fa abbastanza e in molti casi per nulla. Ritengo anche, alla luce delle sempre più ampia consapevolezza della realtà della vita prima della nascita che ci dà la scienza, sia possibile e necessario riconsiderare l’attuale pratica dell’aborto legale e le decisioni che la consentono (sempre arbitrarie, come tutte quelle che riguardano esistenze altrui, ma qui di più perché toccano un “senza voce”)”.

E Tarquinio così conclude: “In sostanza non credo che la legge 194 debba essere smontata come lei dice, ma svuotata del suo carico di sofferenza e di morte. E per questo serve dialogo profondo e franco, chiarezza d’idee e rispetto reciproco. Prima di tutto per i protagonisti di ogni storia d’aborto: la donna e madre e il piccolo o la piccola che lei porta in grembo”.

Questo rapido e intenso scambio di opinioni rivela l’esistenza, nel panorama del cattolicesimo italiano, di un’alternativa ragionevole all’oltranzismo pro-life. 

 

Per saperne di più

https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/direttore-risponde-dar-battaglia-per-smontare-le-194