LACUNE LEGISLATIVE SULLE TUTELE DEI LAVORATORI FRAGILI. QUALI PROSPETTIVE? NE PARLIAMO CON l’ON. DE TOMA.

Sono migliaia i lavoratori fragili che attendo misure idonee a colmare diverse lacune legislative. Il quadro delle tutele richiede interventi organici. Colloquio con l’on. Massimiliano De Toma, impegnato nella XVIII legislatura a dare risposte ai problemi evidenziati.

On. De Toma, dall’inizio della pandemia fino ad oggi e prevedibilmente per un certo periodo (viste le varianti del virus in arrivo) parlamento e governi hanno affrontato e affronteranno la questione delle tutele sanitarie per i cosiddetti “lavoratori fragili”. Lei si è occupato intensamente di questa materia, con interventi in aula, emendamenti e proposte normative: intanto vuole precisare che cosa si intende per “lavoratori fragili”?

Indubbiamente occorre riferirsi ai lavoratori indicati del decreto interministeriale del 4 febbraio 2022 con il quale sono state indicate le patologie croniche con scarso compenso clinico e con particolare connotazione di gravità, in presenza delle quali la prestazione lavorativa è normalmente svolta in modalità agile. Tuttavia, alla luce delle criticità emerse in sede di attuazione del decreto rispetto alle patologie che, sebbene gravi, non sono state incluse in quelle che danno diritto a svolgere la prestazione in modalità agile, sarebbe auspicabile quanto prima una revisione della lista delle patologie richiamate nel decreto, anche in relazione agli effetti avversi sulla salute umana delle numerose varianti. Importante, inoltre, sarà tenere in considerazione tutti coloro che non possono svolgere l’attività lavorativa da remoto e non posso essere ricollocati. 

I primi provvedimenti legislativi a partire dal D.L. 17/3/2020 n.° 18 – art. 26, comma 2 e 2-bis avevano previsto una duplice tutela: l’accesso allo smart working e l’’equiparazione della malattia dei fragili al ricovero ospedaliero. Ciò si è protratto fino al 31 marzo 2022 (eccetto alcune brevi parentesi) e poi dal 24/5/2022 fino al 30/6/2022. A partire dal cd. “decreto aiuti-bis voluto dal Ministro del Lavoro Orlando è stata mantenuta la sola tutela dell’accesso al lavoro agile a domicilio mentre non è stata rinnovata la protezione per i lavoratori fragili dell’equiparazione dello stato di malattia al ricovero ospedaliero. Inoltre non si è considerato che lo smart working non è accessibile a tutti i lavoratori (ad es. i docenti ne sono esclusi) a motivo del loro profilo professionale, non declinabile a domicilio. Che conseguenze ha comportato questa scelta?

Le conseguenze sono note e una vasta platea di lavoratori che non possono svolgere la prestazione da remoto, soprattutto nel pubblico impiego, ha subito una compressione in termini di diritto alla tutela della propria salute. Quella dell’allora ministro del lavoro è stata una scelta assai infelice che potrebbe mettere a rischio la salute di questi lavoratori fragili. Dunque, ribadisco la necessità di tutelare tutta la categoria di persone, istituendo per loro una soluzione mirata e duratura.

Alla scadenza del decreto aiuti-bis (31/12/2022) e con la nuova legge di bilancio questa disparità di trattamento tra chi può fare il lavoro in smart working e chi ne è escluso, è rimasta. Pertanto si profila una discriminazione tra lavoratori di serie A e di serie B, con un profilo di incostituzionalità della normativa rinnovata fino al 31/3/2023. Inoltre è stata esclusa la tutela dell’equiparazione della malattia al ricovero ospedaliero. In questo modo un chemioterapico, un immunodepresso, un malato compreso nella categoria dei fragili di cui al D.M. Salute del 4/2/2022, per curarsi deve ricorrere al congedo contrattuale o alle ferie. Lei si è battuto a lungo contro questo vulnus normativo, purtroppo inascoltato. Quali sono le sue proposte in questa fase di stallo in cui si cercano i fondi per dare copertura ad una legge che preveda un trattamento equo e commisurato alla gravità dei casi?

Il governo oggi in carica pur nell’emergenza dettata dal pochissimo tempo a disposizione per predisporre una legge di bilancio complessa sotto il profilo degli equilibri della finanza pubblica ha, purtroppo, confermato quanto già fatto dal passato governo  prorogando tuttavia le tutele al 31 marzo prossimo. Sono tuttavia consapevole che ciò non basta e mi adopererò affinche da un lato siano posti in campo entro quella data gli opportuni correttivi atti ad una maggiore tutela diffusa e dall’altro mi lascia ben sperare la volontà annunciata dal Ministro del Lavoro Marina Calderone di rivedere la legge sul lavoro agile, che oggi peraltro è divenuto una realtà lavorativa diffusa e consolidata sia nel privato che nel pubblico impiego. La revisione annunciata dal Ministro Calderone saprà certamente dare forma strutturale alle positive esperienze di lavoro agile e di Smart working attivate e che, indiscutibilmente hanno confermato un miglioramento in termini di produttività della prestazione lavorativa e, senza dubbio, della qualità della vita di milioni di lavoratori. Soprattutto quelli che svolgono pesanti attività di cura familiare nei confronti dei figli o di altri congiunti con disabilità grave con loro conviventi e parlo in particolar modo dei caregiver familiari che oramai dal 2017 attendono incolpevolmente il completamento della normativa di riferimento. Cosa peraltro inserita a chiarissime lettere nel programma di Fratelli d’Italia e che mi auspico possa esser presa in considerazione nei prossimi provvedimenti, passata questa prima fase di governo, caotica e soprattutto “con la coperta ereditata che è abbastanza corta”.

Un’ultima domanda che è anche una constatazione sul grado di civiltà del Paese. In considerazione della delicatezza della materia (parliamo di malati di tumore, soggetti immunodepressi, affetti da patologie degenerative come l’artrite reumatoide, invalidi ex legge 104/92…che vengono invitati ad accedere alla 4° e finanche alla 5° dose di vaccino) ritiene urgente che si assumano provvedimenti anche sui luoghi di lavoro e si prevedano tutele altamente cautelative verso i soggetti più esposti al contagio? David Quammen scrisse che viviamo in un mondo di virus: quello del Covid 19 e delle sue molteplici varianti non va forse combattuto sul piano della prevenzione, innanzitutto? Correre ai ripari inseguendo la pandemia con decisioni postume non sembra una buona strategia. Che cosa ne pensa?

Lei ha utilizzato una parola che ho molto a cuore: “civiltà”. Ecco, amo sempre ricordare, come ho fatto nei miei interventi in Aula nella passata Legislatura, che questa che sto conducendo è una vera e propria battaglia di civiltà a sostegno dei lavoratori fragili.

Detto ciò, Le rispondo con una frase che dovrebbe essere il must to do di ogni buon cittadino “la mia libertà finisce dove inizia quella dell’altro”. In ragione di ciò credo che non possano esservi più costrizioni e privazioni dei diritti fondamentali come avvenuto nel recente passato, perché il danno potrebbe rivelarsi maggiore del beneficio ma che debba prevalere il senso di rispetto e di tutela della propria salute e di quella dell’altro adottando i più consoni comportamenti. Dunque la mascherina ad esempio, indossata nei luoghi di lavoro o, per dirne una, sui mezzi pubblici, non deve essere una imposizione ma un dovere sentito con responsabilità del bravo cittadino che protegge se stesso e chi gli sta vicino. È tutta una questione di educazione civica. 

Infine, la pandemia, ci ha fatto conoscere un nuovo “modo di lavorare”, già presente in passato in alcuni settori ma indubbiamente accentuato durante il periodo del lockdown dovuto alla pandemia da Covid Sars 2, ovvero lo smart working. Questo nuovo modo di intendere il lavoro, secondo me, è importante sia sfruttato laddove possa rappresentare un concreto miglioramento/necessità del lavoratore, rendendo appunto il lavoro “agile”, senza però azzerare completamente (per coloro che ne hanno la possibilità ovviamente, ovvero coloro che non rischiano per la propria salute), le relazioni sociali. In conclusione credo che un giusto bilanciamento tra smart working e lavoro in presenza possa solamente giovare al lavoratore, fermo restando il dovere di istituirlo in maniera quotidiana e dunque fissa, per tutti quei fragili che per motivi di salute, “devono poter esser protetti dal contatto con il mondo esterno”.