La recente Assemblea nazionale non è stata, purtroppo, un momento di svolta politica e culturale per l’Associazione nè, tantomeno, per il ruolo e la funzione dei Sindaci e degli enti locali nell’architettura amministrativa del nostro paese. Certo, sono cambiate le modalità. Incontrarsi virtualmente è ormai una condizione di necessità e anche una prassi di profondo cambiamento con cui occorre, piaccia o non piaccia, fare i conti. L’Anci, di conseguenza, sperimenta il fatto di essere più aperta, ben sapendo che in futuro lo sarà sempre di più.

Chiarisco subito che la definizione dei Sindaci come “Sentinelle della Coesione”, echeggiante nel corso dell’Assemblea, l’ho trovata curiosa e singolare a livello semantico. Mi ricorda un linguaggio iniziatico. Al contrario, noi Sindaci dovremmo essere i “Protagonisti della solidarietà comunitaria” oppure i “Difensori e i promotori della comunità”. Ma, al di là della definizione, la debolezza consiste nel fatto che il modello di comunicazione si è rivelato radicalmente inadeguato. Anzi vecchio. In effetti, se non ci fosse stato il traino concreto di altri canali – penso a quello di Palazzo Chigi in occasione del colloquio finale con il Presidente Conte – avremmo avuto una partecipazione virtuale persin risibile, se non del tutto insignificante, durante i vari confronti e dibattiti. Lo confermano i numeri, non le supposizioni.

E occorre porre grande attenzione, inoltre, alla cosiddetta “compenetrazione” degli sponsor evitando, in futuro, di inserirli nella cornice che incamera le immagini. Perchè, al riguardo, si possono aprire problemi molto delicati: e cioè, perché invitare alcune aziende e non altre? E in base a quale criterio? E, su tutto, è proprio così necessario, specie in occasione dell’Assemblea annuale? Nemmeno farei passare spot durante le riprese dei lavori. Insomma, su tale versante, l’Anci deve recuperare sino in fondo la sua autonomia, anche nel modo in cui si presenta alla pubblica opinione.

Va da sé però che quando parlo di autonomia penso, innanzitutto, alla sua autonomia politica. E lo dico perchè non va “sfruttata” solo l’immagine dei Sindaci – e io ne sono uno dei quasi 8 mila – ma coinvolgendo veramente tutti: assessori, consiglieri comunali e dirigenti amministrativi. Dobbiamo, cioè, evitare di ridurci a una sorta di “Club dei Primi Cittadini”.

Ma in concreto, cosa emerge realmente dalla XXXVII Assemblea annuale dell’Anci? In realtà, diciamocelo con franchezza, neanche disponiamo di un documento finale  che fissi le coordinate degli interventi più urgenti (nuovo Testo Unico, perequazione finanziaria e investimenti, riforma del catasto, scelte strategiche sulla digitalizzazione, salute e territorio). L’organizzazione, dall’inizio alla fine, non è un gatto tecnico. Il Consiglio nazionale non è stato minimamente consultato, quando penso che debba invece recuperare – al pari di tutti gli organi statutari – sino in fondo il suo ruolo specifico: perché, ad esempio, non passa al suo esame il programma dell’Assemblea? Chi decide altrimenti? Non possiamo accreditare al nostro interno una modalità che contraddice i principi da noi sostenuti, in primis la partecipazione e il dialogo.

Se un incontro – in presenza o da remoto – diventa solo e soltanto una bella passerella, tutto diventa più complicato e più tortuoso. D’altronde, in concomitanza con l’ultima giornata dell’Assemblea, i sindaci della Calabria venivano a Roma per far sentire la propria voce sulla drammatica situazione sanitaria di quella regione. C’era l’Anci Calabria ma non c’era l’Anci nazionale, se non con la presenza di due funzionari. Il Presidente Conte, mentre dialogava in virtuale con il Presidente Decaro, si accingeva (giustamente) a ricevere i Sindaci calabresi senza il suo Presidente nazionale e quindi senza l’Anci nazionale. Un vero smacco politico e, al contempo, una perdita di prestigio politico per l’Associazione.

Oggi Sala parla della nuova sanità lombarda, ma il suo ragionamento interessa la sanità nel suo complesso. L’Anci dovrebbe riformulare un pensiero a tutto tondo, rivendicando sul piano generale il contributo dei Comuni alla gestione dei servizi di base finalizzati alle politiche di tutela della salute. Non è una problematica che merita di essere espunta, come è avvenuto colpevolmente negli ultimi anni, dal dibattito dell’Anci.

Penso che debba cambiare radicalmente anche una storica e nobile associazione come la nostra. Dobbiamo pensare all’Anci di domani, per il bene delle comunità locali e non solo per il futuro dei Sindaci. O meglio, di qualche Sindaco.