Dunque, il voto del 20/21 settembre è importante non solo per sapere quante regioni continua a perdere il centro sinistra ma anche, e soprattutto, per sapere come si ricostruirà la stessa coalizione di centro sinistra dopo questa consultazione elettorale. Perchè al centro dell’attenzione continua ad esserci l’alleanza, o meno, con il partito di Grillo e Casaleggio, i 5 stelle. Un partito che, soprattutto in questo dibattito referendario sul taglio dei parlamentari, conferma di essere il vero partito populista, antiparlamentare, demagogico e qualunquista della politica italiana. Del resto, nessuna novità all’orizzonte.

È la cifra distintiva che rappresenta il vero dna di questo partito che, malgrado le piroette opportunistiche e ciniche compiute in queste ultime settimane – come già si sapeva sin dall’inizio di questa esperienza politica – resta pur sempre l’interprete per eccellenza del verbo populista e antipolitico nel nostro paese.

Ora, la domanda centrale a cui, prima o poi, va data una risposta politica seria e convincente è sempre la stessa. Ovvero, è credibile politicamente una alleanza organica, o strutturale o addirittura strategica con questo partito populista e anti politico? Una risposta che va data, al di là dei tatticismi, delle convenienze e degli opportunismi, soprattutto da parte del Pd e delle altre forze che si riconoscono nella tradizione politica e culturale del centro sinistra italiano. Perchè il nodo centrale per la credibilità, l’autorevolezza e la serietà programmatica del centro sinistra risiede proprio nel rapporto con il partito dei 5 stelle.

E la vicenda referendaria offre uno spaccato, al netto dei persin troppo plateali opportunismi dettati dalla contingenza politica, significativo sul profilo di questo partito. Una sola domanda, tra le molte. Com’è possibile, seppur in nome della eterna e ormai anche un po’ logora lotta antifascista e anti destra autoritaria ed illiberale – ripetuta a mesi alterni a seconda delle varie convenienze – certificare e stringere una alleanza duratura con un partito che persegue un disegno politico e culturale del tutto alternativo alle tradizionali forze del centro sinistra attorno al tema decisivo della concezione delle istituzioni, dell’assetto dello Stato, del ruolo e della funzione del Parlamento? In una sola parola, della qualità della nostra democrazia? Perchè qui non si tratta di dissentire sul quesito referendario sulla caccia o sull’acqua pubblica o su altri temi importanti ma pur sempre secondari ma sull’assetto, sul profilo e sul ruolo delle istituzioni democratiche nella società contemporanea.

E il dissenso di settori corposi, significativi e anche storici dell’area democratica e progressista del nostro paese rispetto al disegno populista e antiparlamentare dei 5 stelle non può essere rubricato ad un diverbio caratteriale o di giornata. È l’essenza della democrazia. E mi limito a citare l’aspetto più importante perchè a livello programmatico e di governo i dissensi rispetto al programma dei 5 stelle è molto più corposo. Anche se, avendo il trasformismo come stella polare del proprio comportamento politico, tutto può sempre capitare.

Ecco perchè dopo il voto del 20/21 settembre il capitolo delle alleanze, e nello specifico di come ricostruire il centro sinistra, sarà in cima all’agenda politica del Pd e delle altre esperienze politiche che si riconoscono in questo campo. Ne va della credibilità del centro sinistra ma, soprattutto, della qualità e del futuro della cultura riformista e democratica del nostro paese.