Le cinquanta sfumature di rosso del nuovo Pd: se vince la Schlein, passa il modello del partito radicale di massa.

L’originalità del “partito plurale” frutto del Partito democratico originario con le diverse culture politiche che contribuiscono, in una efficace e feconda visione di sintesi, a costruire il progetto politico e di governo del partito, è ormai archiviata.

Finalmente lo si può dire senza più essere smentiti. Il nuovo e futuro Pd sarà sempre più simile alla concreta esperienza della antica e storica filiera della sinistra italiana, quella che si può riassumere con il trittico Pci/Pds/Ds. Certo, se dovesse vincere le primarie la Schlein avrebbe indubbiamente ragione Luca Ricolfi quando dice che ci troveremmo di fronte ad una sorta di “partito radicale di massa”. Ma, comunque sia, il profilo, l’identità e lo stesso progetto politico del Pd mutano radicalmente rispetto ad un passato anche solo recente. E lo stesso spazio politico sarà quello che nel nostro paese ha sempre occupato, dal secondo dopoguerra in poi con efficacia e coerenza, la sinistra comunista e post comunista.

Ci sono almeno tre aspetti, tra i moltissimi che si potrebbero citare, che giustificano e spiegano questo assunto.

Innanzitutto la martellante sottolineatura che il Pd deve ricostruire, rilanciare e riattualizzare il grande patrimonio politico e culturale della sinistra italiana. Cioè, detto in termini più comprensibili e semplici, la grande tradizione del comunismo in versione italiana che si è andata rinnovando nel corso degli anni. Una cultura, una storia ed una esperienza che, com’è del tutto evidente, sono riconducibili alla concreta esperienza dei partiti che sono gemmati da quella gloriosa tradizione politica ed ideale. E, non caso e giustamente, i 4 candidati alla segreteria nazionale del Pd provengono tutti da quella tradizione e da quella cultura. Ovvero, le “cinquanta sfumature di rosso”.

In secondo luogo l’antifascismo. Ovviamente, uno dei dettati centrali dell’impianto costituzionale. Ma, come dimostra la concreta esperienza politica italiana contemporanea, la battaglia antifascista è ritornata centrale nella polemica politica quotidiana. L’antifascismo è diventato il nuovo collante ideologico della nuova sinistra post ed ex comunista. Non passa giorno che i principali esponenti del Pd, affiancati – come recita la storica vulgata della sinistra italiana – dai vari conduttori televisivi, dai soliti opinionisti “liberal” e dallo stuolo degli pseudo intellettuali a rimorchio, non denuncino l’imminente e sempre più probabile ritorno della “minaccia fascista”, della deriva illiberale, della compressione irreversibile delle libertà, della torsione autoritaria e simili amenità. Un classico della lunga e storica esperienza della sinistra comunista e post comunista nel nostro paese.

In ultimo, l’egemonia culturale. Con buona pace di chi non proviene da quella storia e che, per motivi di potere personale e di organigrammi di corrente, continua ancora a restare nel Pd, deve prendere atto che la cultura che ormai ispira radicalmente quel partito è quello della sinistra storica. E, come ben sappiamo da svariati decenni, non si tratta soltanto della cultura politica riconducibile alla storia del partito. Ma al vasto ed articolato stuolo di mondi vitali, intellettuali, artisti, conduttori televisivi, opinion leader e giornalisti che storicamente accompagnano e condizionano, anche pesantemente, il progetto politico complessivo del principale partito della sinistra italiana. La vecchia e mai superata “egemonia culturale” di gramsciana memoria.

Ecco, mi limito a queste 3 sole considerazioni per arrivare alla scontata conclusione che il futuro del Pd non sarà nient’altro, in versione aggiornata e rivista come ovvio, che la prosecuzione della storica filiera della sinistra italiana Pci/Pds/Ds. Certo con la variante, tutt’altro che scontata, di una versione di “partito radicale di massa” interpretata dalla Schlein. Comunque sia, l’originalità del “partito plurale” frutto del Pd originario con le diverse culture politiche che contribuiscono, in una efficace e feconda visione di sintesi, a costruire il progetto politico e di governo del partito, è ormai archiviata. Per chi resta nel Pd, e non è riconducibile alla storia del trittico Pci/Pds/Ds, a cominciare dalla pattuglia sempre più striminzita dei Popolari, il ruolo è già scritto: e cioè, i famosi, noti e collaudati “cattolici indipendenti di sinistra”. Cioè personaggi, e relativi e conseguenti seggi parlamentari, utili per dimostrare che il Pci – pardon, il Pd – è ancora e sempre un partito culturalmente plurale. Ma come recita un vecchio proverbio popolare, “chi si accontentata gode”.