LE ELEZIONI, L’OMBRA DI PUTIN E LA MINACCIA NUCLEARE. 

Putin, Medvedev e Peskov hanno dichiarato che non escludono il ricorso all’uso delle armi nucleari. Il voto di domenica in Italia è inevitabilmente legato a doppio filo a queste vicende: siamo alla vigilia di eventi potenzialmente catastrofici. Le parole di Draghi, a Washington, sono state forti e decise: “L’invasione russa rischia di aprire una nuova era di polarizzazione. Evitiamo ambiguità, per non pentircene in seguito”.

Per comprendere al meglio il significato vero dell’operazione militare speciale – in realtà una spietata e crudele guerra di conquista dell’Ucraina e di annientamento del suo popolo, di cancellazione della sua storia e rimozione della sua cultura – sarebbe utile rileggere un numero di aprile del media russo Ria Novosti. 

Cosa si legge nelle sue pagine? Viene descritta minuziosamente in quale modo e con quali azioni dovrà essere compiuta l’opera di denazificazione del popolo ucraino. Il programma è illustrato in modo chiaro e inequivocabile e comprende l’intervento bellico e la punizione dei civili che si sono resi complici del sostegno ai vertici politici di Kijv, oltre ai quali è colpevole anche una parte significativa “delle masse, che sono naziste passive, complici del nazismo. Sostennero e assecondarono il potere nazista. La giusta punizione di questa parte della popolazione è possibile solo sopportando le inevitabili fatiche di una giusta guerra contro il sistema nazista, svolto con la massima cura e discrezione nei confronti dei civili. Un’ulteriore denazificazione di questa massa di popolazione consiste nella rieducazione, che si realizza attraverso la repressione ideologica degli atteggiamenti nazisti e una severa censura: non solo nell’ambito politico, ma anche necessariamente nell’ambito della cultura e dell’istruzione. Fu attraverso la cultura e l’educazione che si preparò e si realizzò una profonda nazificazione di massa della popolazione, assicurata dalla promessa dei dividendi della vittoria del regime nazista sulla Russia che si ribellò al nazismo ucraino” .

Settantatre volte sono citate nel testo le parole nazismo e denazificazione: per la durezza delle affermazioni e l’opera criminale che viene illustrata può essere considerato il mein kampf dei rascisti. Ne consiglierei la lettura agli indecisi sul voto di domenica 25 p.v., a coloro su cui incombe la minaccia nucleare di Putin e ai movimenti politici e agli opinionisti su cui pesano i troppi silenzi sulle atrocità commesse per ordine del Cremlino nei confronti dei civili e della popolazione massacrata, comprese le donne, gli anziani e i bambini. Su queste cose non si scherza e non si va incontro al buio di un’avventura che potrebbe essere senza ritorno.

Putin, Medvedev e Peskov hanno dichiarato che non escludono il ricorso all’uso delle armi nucleari, anche a protezione dei referendum-farsa di annessione di Donbass, Lugansk e Donetsk – già riconosciute indipendenti da Vladimir Putin alla vigilia dell’invasione – e dell’oblast di Kherson e Zaporizhzhia, “in nome della giustizia storica” come affermato dal ministro degli Esteri Lavrov. Intanto sono stati chiamati alle armi 300 mila riservisti per una nuova offensiva a seguito della riconquista dei territori da parte dell’esercito ucraino, mentre  monta la protesta del popolo russo: oltre mille fermati e arrestati a Mosca per aver manifestato contro il regime e Novaya Gazeta dal suo esilio in Lettonia, dopo la chiusura della testata giornalistica diretta da Dmitru Muratov per opera del regime, riferisce della imminente, possibile mobilitazione di un milione di persone.

Non sono bastati 60 mila soldati lasciati sul campo per l’invasione armata dell’Ucraina: la diserzione dei chiamati alle armi sarà punita fino a dieci anni di reclusione. Intanto siamo al sold out all’aeroporto di Mosca: la gente fugge verso destinazioni che non richiedono il visto all’ingresso, i biglietti per queste mete (non certo turistiche) si vendono anche a 3-4 mila euro, mentre alla frontiera della Finlandia si formano code di 30 km di auto guidate da fuggitivi che portano in quel Paese confinante le loro famiglie e ciò che hanno potuto mettere nel bagagliaio. Asseragliato nel Cremlino e forte della fedeltà dell’esercito, del FSB (ex KGB), il regime degli oligarchi dell’autarchia putiniana dispiega tutte le sue forze per riabilitare un’operazione militare che, pur avendo raso al suolo città e villaggi, ha dovuto battere in ritirata, abbandonando armi, carrarmati e munizioni all’esercito ucraino nella sua controffensiva.

Monta la tensione, si alza la posta in gioco e cresce la paura, la preoccupazione è ora palpabile anche negli scettici, nei giustificazionisti e nelle forze politiche che invocano il ritiro delle sanzioni a cominciare dalla Lega che non risulta finora aver revocato il patto con ‘Russia unita’, il partito di Putin. Il voto di domenica in Italia è inevitabilmente legato a doppio filo a queste vicende: siamo alla vigilia di eventi potenzialmente catastrofici, ce lo ha ricordato il premier Draghi parlando all’assemblea generale dell’ONU, dopo aver ricevuto da Henry Kissinger a nome dall’Appeal of Conscience Foundation. l’attestato quale statista dell’anno. “L’invasione russa rischia di aprire una nuova era di polarizzazione. Evitiamo ambiguità, per non pentircene in seguito”. Sono parole che francamente pesano come macigni.