Articolo già apparso sulla rivista il Mulino a firma di Cristopher Cepernich

I social network sono l’ambiente comunicativo fondamentale di questa campagna per le primarie 2019 del Partito democratico. Ancor più rispetto al passato, data la minore copertura riservata dalla televisione alla corsa per la leadership del partito: una ridotta mediatizzazione dell’evento dovuta anche alla rinuncia allo spettacolare duello «faccia a faccia».
Venuto meno l’effetto-alone della tv, gli aspiranti segretari stressano le opportunità offerte dalle strategie di ibridazione della campagna tra «spazio reale» – vale a dire il presidio attivo del territorio attraverso la spinta propulsiva del rally elettorale – e i social media come principale arena del confronto. In questo senso, i social network costituiscono, strutturalmente interdipendenti tra loro, il principale canale di comunicazione autopromozionale e l’infrastruttura organizzativa della mobilitazione.

Il dispositivo social (cfr. figura) è comune a tutti i contendenti e comprende quelli a maggior capacità di penetrazione – Facebook, Twitter e Instagram – mentre WhatsApp è utilizzato come canale di aggiornamento e informazione sul corso degli eventi e, nel caso di Giachetti, come canale per la «call to action» di volontari e supporter. Zingaretti e Martina risultano avere anche un canale Youtube, ma inattivo da tempo. Evidentemente superato dall’evoluzione broadcast di Facebook.

La fotografia della composizione dei pubblici evidenzia, per prima cosa, la significativa superiorità di Zingaretti in termini di platea di riferimento. Un secondo elemento evidente è la debolezza dei suoi competitor su Facebook, cioè la piattaforma più popolare e la più partecipata arena di confronto. Infine, ipotizzando un alto tasso di sovrapposizione tra i pubblici, i dati evidenziano come lo spazio della contesa sia piuttosto ristretto, rispetto a quello delle primarie passate.

Gli hashtag della campagna sintetizzano il messaggio programmatico portante delle campagne: #voltiamopagina (Zingaretti) rimanda al superamento dell’esperienza precedente; #fiancoafianco (Martina) promette una segreteria di unità e di ricomposizione delle fratture interne; #sempreavanti (Giachetti) prospetta invece una linea in continuità con la segreteria di Matteo Renzi.

Zingaretti sta conducendo una campagna digitale di tipo netroots, basata sull’attivazione online per l’azione dei supporter offline. La sua è una campagna di mobilitazione e di riattivazione della base del partito, anche con l’obiettivo di allargarne il perimetro. Le persone sono elementi ricorrenti anche nel suo storytelling visuale, soprattutto su Instagram.

Qui la campagna social di azione connettiva non sembra retorica: i canali (comunicativi) social sono legati alla piattaforma collaborativa (organizzativa) Piazzaweb.social. Questa promuove la discussione interna alla comunità, ma soprattutto mira a generare e a dare infrastruttura all’impegno concreto sul campo attraverso l’apertura di comitati di sostegno, le donazioni, l’inquadramento dell’attivismo digitale. L’obiettivo strategico dichiarato è «sottrarre l’egemonia della rete» a Lega e Movimento 5 Stelle. Più realisticamente, colmare parte del divario che separa il Pd dagli avversari, più efficienti ed efficaci. In questa direzione sembrano andare alcune iniziative rivelatrici della natura grassroots della campagna di Zingaretti: le giornate di mobilitazione sul campo (15/17 febbraio), l’attivazione del passaparola per far conoscere le modalità di voto per gli studenti fuori sede, la predisposizione del candidato (in persona e attraverso lo staff, con opportuna indicazione) di interagire con i commenti su Facebook e Twitter.

Martina e Giachetti, invece, promuovono un uso dei social network più tattico e meno strategico. La funzione è di semplice canale di comunicazione, per quanto importante. L’ex segretario rinuncia del tutto alla «chiamata alle armi» di mobilitazione e costruisce la più tradizionale comunicazione broadcast. La soluzione narrativa è data dal tour delle 100 città, che origina il più classico dei resoconti di viaggio alla riscoperta «dei territori» e del «Paese reale».

Giachetti, infine, sperimenta alcune soluzioni comunicative più originali: il commento dei fatti del giorno secondo le modalità della rassegna stampa (Bobo Rassegna), un improbabile – perché estemporaneo e occasionale – appello alla mobilitazione dei supporter via WhatsApp, i video party su Facebook con Anna Ascani, con la quale corre in ticket, i video a tema economico con Luigi Marattin e Maria Elena Boschi.

Al di là delle rispettive strategie, un sintomo generalizzato del deficit di interesse per queste primarie è dato dalla diffusa e trasversale difficoltà a produrre engagement perfino sui canali social. Laddove, cioè, il costo personale di ingaggio è assai contenuto. Assunto che il video sia il formato a più elevato potenziale di ingaggio, il numero maggiore di visualizzazioni conseguito dai candidati nel mese di febbraio è rappresentato dai rispettivi interventi alla convenzione nazionale del Partito democratico del 3 febbraio all’Hotel Ergife: poco oltre 111 mila le visualizzazioni per l’intervento di Zingaretti, 71 mila e 500 circa per Martina, 118 mila per Giachetti. Senza il traino dell’evento, numeri così bassi lo diventano ancora di più, per esempio con lo spot di candidatura: poco meno di 20 mila visualizzazioni per Martina, quasi 81 mila per Zingaretti. Tracce evidenti, quindi, di primarie secondarie.

[“Questioni Primarie” è un progetto di Candidate & Leader Selection e dell’Osservatorio sulla Comunicazione Politica dell’Università di Torino, realizzato in collaborazione con rivistailmulino.it. In vista delle primarie del Pd, ogni settimana riprendiamo contributi pubblicati nell’ambito dell’iniziativa tutti disponibili anche in pdf sul sito di Candidate & Leader Selection.]