Grande interesse, e a ragione, sta suscitando la manifestazione svoltasi nella serata di giovedì scorso in Piazza Maggiore a Bologna.
Circa quindicimila persone (le “sardine che non abboccano” al gioco di Salvini) mobilitatesi, senza bandiere né vessilli di partito, grazie all’iniziativa di quattro ragazzi che hanno sfruttato esclusivamente quelli che ormai sono diventati i più efficaci canali di coinvolgimento politico – ovvero i social – per organizzare una risposta ad alto grado di civiltà, quanto di determinazione, all’evento organizzato in contemporanea dalla Lega nel vicino palazzo dello sport bolognese. Evento quest’ultimo ufficialmente di inaugurazione della corsa elettorale della candidata Borgonzoni (relegata poi, come già accaduto alla sua collega umbra Tesei, a mera comparsa), ma in realtà finalizzato ad offrire il solito palcoscenico al capo della Lega con i suoi sempre meno velati attacchi al Cardinale Zuppi (primo obiettivo del suo comizio 2.0) e ai suoi ripetuti tentativi di snaturare il carattere regionale della prossima consultazione elettorale attribuendole invece valenza nazionale.

Ebbene, dopo quello che si è visto in Piazza Maggiore, c’è la seria possibilità che Salvini non prosegua più con la veemenza vista finora sulla “nazionalizzazione” delle prossime regionali.
Al di là della schiacciante vittoria dal punto di vista numerico delle presenze (nonostante l’arrivo di diversi pullman di militanti leghisti da fuori regione), questa mobilitazione sembra aver sorpreso molti dei protagonisti della sfida che si sta giocando in Emilia Romagna, soprattutto per la natura di questa partecipazione.
C’è qualcosa di inedito da decifrare in questa iniziativa che ha riscosso così tanto successo: il tipo di presenza in Piazza Maggiore ha rivelato caratteri di novità e soprattutto ha lanciato in un sol colpo non una, né due, bensì tre sfide ad altrettanti destinatari.

Oltre alla prima sfida più esplicita, a Salvini, i partecipanti a questo flash mob così massiccio si sono distinti chiaramente anche dagli attivisti della sinistra radicale e antagonista, sempre abituati a far sentire la propria voce di protesta abitualmente in modo molto “ruvido”: in questo senso la distanza tra Piazza Maggiore e gli scontri avvenuti nelle vie di accesso verso il PalaDozza è stata siderale sia per modi sia per i contenuti. Il risultato è stato quello di evidenziare l’effettiva praticabilità di una nuova tipologia di presenza tangibile sulla scena pubblica, una forma di “lotta politica mite” (ma non per questo meno efficace) sicuramente  più affine a quella parte di società che ha deciso di manifestarsi giovedì sera.

Famiglie e singoli, bolognesi di nascita o di adozione per studio o lavoro, tipicamente restii a partecipare a manifestazioni di piazza sono intervenuti con grande e inaspettata determinazione per dichiarare esplicitamente la loro contrarietà non tanto alla presenza di Salvini in città, ma al piano di scontro politico verso cui il capo leghista tenta di trascinare questa campagna elettorale e non solo. A ben vedere, con lo “spettacolo” andato poi in scena dentro al PalaDozza si è avuta la giusta conferma della fondatezza dell’intento delle sardine.
E qui si giunge alla terza sfida: quella lanciata agli attuali partiti, tenuti saggiamente fuori dalla piazza. L’aspetto più interessante della piazza è stato indubbiamente la pluralità e la trasversalità sociale riscontrate nelle sensibilità presenti. Tutte però accomunate dalla consapevolezza della posta in palio: la messa in discussione di un patto sociale di impronta solidaristica che, pur con tutti i difetti e migliorie necessarie, in Emilia Romagna ha retto pure nel difficile periodo della crisi.

Chi saprà convincere con rinnovate declinazioni di valori, propri delle culture politiche storiche, questa disponibilità per convogliarla in modo costruttivo, avrà fatto una grande favore al Paese.