C’è poco da fare. Il “nuovo corso” del Partito democratico stravede per i 5 stelle. Zingaretti, che  un po’ come tutti i capi partito contemporanei cambia radicalmente opinione e strategia a  seconda delle stagioni e delle convenienze momentanee, adesso individua nei 5 stelle – cioè il  miglior distillato politico di populismo, opportunismo e trasformismo nel nostro paese – l’alleato  formidabile e più affidabile per la nuova avventura politica del Pd. Che, al momento, pare di capire  sia quella di essere l’unica alternativa al sovranismo, alla destra illiberale, alla destra pericolosa e  autoritaria, al sempre risorgente fascismo e bla bla bla. E per preparare questa sfida epocale, pare  sempre di capire, l’intergruppo tra il Pd, i 5 stelle di Grillo e i post comunisti di Leu è il passaggio  obbligato e decisivo. 

Ora, è del tutto evidente che ogni partito fa ciò che vuole e desidera. Ma diventa francamente  difficile, nonchè curioso, pensare che da questa melassa possa decollare un progetto politico  all’insegna del riformismo e della qualità della democrazia e, soprattutto, capace di invertire la  rotta rispetto alla deriva trasformista ed opportunista che ha caratterizzato il sistema politico  italiano in questi ultimi 2 anni. Una deriva che ha accentuato il distacco tra la politica – per non  parlare dei partiti – e la pubblica opinione, la distanza tra le istituzioni democratiche e i cittadini  sino a certificare il fallimento della maggioranza di governo giallo/rossa per poi chiedere, in  ginocchio, l’arrivo di una grande personalità per evitare che il paese precipitasse irreversibilmente  in un vicolo cieco.  

Di fronte ad un quadro del genere e preso atto dell’ultima proposta del segretario del Pd sulla  costituzione dell’intergruppo con i 5 stelle, credo che si renda sempre più necessario il decollo di  un luogo/partito/movimento/lista di centro – lo dico in modo semplificato per rendere più  comprensibile l’obiettivo da perseguire – che sia in grado di intercettare e soprattutto di  rappresentare un mondo culturale, sociale, ideale, economico tuttora privo di una autorevole e  qualificata rappresentanza politica. Certo, non dev’essere nè una formazione grossolanamente  identitaria nè, tantomeno, un piccolo luogo testimoniale politicamente irrilevante ed elettoralmente  fallimentare. Come ne abbiamo sperimentati a decine in questi ultimi anni. Esperimenti dettati  sempre dalla buona fede dei singoli ma del tutto inutili perchè caratterizzati sempre dallo stesso  copione: e cioè, appena decollati erano già quasi giunti al capolinea… 

Adesso, forse, e dopo la formazione di un governo che, è inutile negarlo, segna la momentanea  sospensione della tradizionale e un po’ noiosa dialettica politica, ci sono anche le condizioni  ambientali, nonchè politiche come ovvio, per progettare una nuova e moderna iniziativa politica  capace di trasformarsi rapidamente in un partito e in una lista per le prossime elezioni. Un luogo  politico ovviamente plurale e federativo ma che sia in grado di elaborare un progetto di governo  esterno ed estraneo al richiamo populista, trasformista e meramente opportunistico. E la nostra  cultura – cattolico popolare e cattolico sociale – per questa sfida politica può e deve mettersi in  gioco contribuendo, con altri, a dispiegare un ruolo possibilmente protagonistico.