L’accoglienza ricevuta alla Scala di Milano dimostra quanto sia apprezzata la condotta del nostro Presidente della Repubblica. Nel frattempo, lasciando da parte l’idea di un partito identitario, destinato a raccogliere consensi molto esigui, spetta ai cattolici proporsi alla guida di una svolta di civiltà, come sarebbe, ad esempio, lo sradicamento della mala pianta dell’evasione fiscale.

Chi si fosse aspettato che la politica, anzi, direi i politici, prendessero coscienza della realtà storica che stiamo vivendo, non può che essere deluso. Un segnale netto c’è lo hanno dato i cittadini che, alle ultime amministrative, sono rimasti a casa, rinunciando al diritto di voto. Abbiamo un Paese, se posiamo lo sguardo a prima della pandemia, disastrato, con problemi gravi di efficienza: la pubblica amministrazione pronta solo ad esercitare la burocrazia, la magistratura che non tranquillizza chi ha bisogno di giustizia, uno stato sociale in agonia, l’informazione al lumicino, se non del tutto spenta. Senza dimenticare una Europa attraversata come non mai da forti correnti egoistiche. Un Paese, insomma, che richiederebbe una politica responsabile con partiti orientati, tutti, a salvare l’Italia. In questo quadro, due anni fa, si è scatenata la pandemia, che ci ha trovati impreparati ed inizialmente scettici sul da farsi. 

Abbiamo pagato duramente e ci siamo resi conto di quanti disastri avevamo realizzato “giocando” a rimpiattino. Per fortuna c’è stato un certo risveglio che ci ha portato ai vaccini e a capire che la solidarietà fra paesi e cittadini è irrinunciabile. Presa di coscienza, soprattutto fra i paesi a più alto reddito, che esclude la parte di mondo più povera, ma che ha gli stessi diritti. Se non sarà così ci ritroveremo travolti dalla disperazione della povertà. In questo stato di grave emergenza, per nostra grande fortuna, abbiamo al Quirinale un grande presidente. Con mossa politicamente all’altezza ha coinvolto l’unica personalità che poteva esercitare il ruolo che all’Italia serviva. I partiti, nel vuoto pneumatico che li avvolge, non hanno che potuto fare buon viso e Mario Draghi ha preso su di sé la responsabilità di dare una svolta alle condizioni critiche del Paese, anche in vista della montagna di soldi che l’Europa si è resa disponibile a concederci a fronte di un cambiamento radicale del nostro paese. Cambiamento che solo una persona di grande prestigio e considerazione internazionale poteva garantire.

Purtroppo tutto questo accade in scadenza di mandato di Mattarella e a fine legislatura. Coincidenza esplosiva che rischia di mandare a monte tutto ciò che si è impostato perché il cambiamento riuscisse. Su questo punto il dibattito è iniziato da tempo. Ma più che dibattito somiglia sempre più a cicaleccio insensato che rischia di minare il lavoro del governo. La posizione di Mattarella è la più controversa e piena di agguati. Il Presidente in diverse occasioni ha esplicitato la volontà di evitare un secondo mandato. Ma, viene da pensare, che altro poteva dire con un quadro politico così frammentato e privo di visione. Un Pd che non ha avuto parole vicinanza, anzi non ne vuole parlare. Il mondo del cattolicesimo politico, tramite documenti varati in altrettante occasioni di confronto e che avrebbero dovuto, secondo il mio modesto pensiero, fare sentire la propria vicinanza, speranza e il proprio forte desiderio di una disponibilità a guardare questa prova con occhi più benevoli, si sono subito affrettati a ringraziamenti di ben servito. Altri, che “la democrazia ha le sue regole”. 

Anche lo stato di necessità e l’emergenza hanno le proprie regole. Regole che dovrebbero far guardare lontano chi invece ha sempre lo sguardo sulla punta del proprio naso e sugli interessi del proprio “giardinetto”. Questo punto cruciale (il Quirinale) trascina inevitabilmente con sé il capo del governo e tutta l’architettura politica che è alla base del rinnovamento del nostro Paese. Vogliamo fare sentire tutta la nostra solidarietà al nostro presidente per permettergli di prendere in serenità qualunque decisione? Noi speriamo in una riconferma! Quanto è amato e stimato nel Paese lo prova l’accoglienza che riceve nelle uscite pubbliche, l’ultima la “standing ovation” del teatro la Scala.

Sul panorama del cattolicesimo sentirei di dire che, proprio dalla sua prospettiva, sarebbe auspicabile evitare ulteriori passi che frammentino ancora di più il quadro politico. Mi chiedo perché piuttosto che insistere con la formazione di partiti identitari, che raccoglierebbero le briciole e che sarebbero granelli di sabbia fra gli ingranaggi del parlamento, non si spendano nella società civile e anche in partiti di riferimento per rigenerare quel senso di responsabilità utile affinché alcuni malcostumi, origine di grande ingiustizia sociale, finiscano. Mi permetto una provocazione di cui chiedo preventivamente scusa se percepita poco rispettosa del contributo che il cattolicesimo ha dato alla politica, in tempi non recenti.

Chiedo, perché le energie che si stanno investendo nel parlare di “centro” e di partito identitario – a questo proposito viene da chiedersi se Mons. Galantino è la voce di una certa gerarchia nostalgica di un tempo che lo stesso  Papa Francesco ha detto non essercene bisogno – non vengono indirizzate altrove? Per esempio progettando una incisiva campagna contro un “peccato” che costa alla nostra comunità nazionale più di 100 miliardi di euro l’anno: l’evasione fiscale. Una grande campagna etica e morale, questa sì, per sconfiggere povertà e rendere il Paese più civile. Andare di porta in porta, di parrocchia in parrocchia, a raccomandare di chiedere scontrini, fatture, di non pagare in nero, giacché pagare le tasse è un atto di amore per il prossimo oltre che etico. Che grande servizio al Paese!