MA CHI AFFRONTA LA QUESTIONE SOCIALE? È TEMPO DI AGGIORNARE E RILANCIARE LA CULTURA POLITICA CATTOLICA.

 

Si tratta di capire come politicamente, e culturalmente, si può affrontare di petto e con coscienza critica la “questione sociale” contemporanea. La storica cultura storica del cattolicesimo sociale, seppur rinnovata ed aggiornata alle domande della società contemporanea, deve uscire dal letargo e dalla pura rimeditazione del passato. Deve trasformarsi, ancora una volta, in iniziativa politica.

 

Giorgio Merlo

 

Dunque, tutti parliamo – giustamente – di bollette care, di povertà crescente, di ceto medio fortemente impoverito, di disuguaglianze spaventose e, soprattutto, di incertezza del futuro e di assenza di speranza. Di fronte ad una situazione francamente difficile e complessa, chi è in grado oggi – al di là della propaganda di rito e della conseguente demagogia – di farsi carico sotto il profilo politico di questo pesante fardello? Ma, soprattutto, chi ha l’armatura culturale, ideale, valoriale e forse anche etica per affrontare di petto questa rinnovata ed inedita “questione sociale?

Noi oggi ci ritroviamo di fronte una sinistra – tradizionalmente il campo politico più funzionale e più gettonato per affrontare e governare l’intera “questione sociale” – che è sostanzialmente divisa in tre tronconi, al di là delle stesse percentuali numeriche.

 

C’è una sinistra populista, trasformista e qualunquista, che è interpretata in modo eccellente dalla nuova veste del partito di Grillo e di Conte, ossia il M5S: una “sinistra per caso”, la potremmo definire, dove la rappresentanza degli interessi varia a seconda delle convenienze del momento. Oggi, per fermarsi all’ultima svolta compiuta, è una sorta di sinistra assistenziale e pauperista. Sino a quando? Non si sa, almeno sino alla prossima piroetta.

 

Poi c’è la storica sinistra massimalista, estremista e tardo comunista. O meglio, una sorta di Democrazia Proletaria aggiornata per la stagione contemporanea. Una esperienza dove la cultura di governo è sostanzialmente estranea, se non per occupare i posti e coprire gli spazi di potere nelle istituzioni. Come è puntualmente capitato anche alle recenti elezioni politiche.

 

In ultimo la sinistra per eccellenza, cioè quella che si identifica nella storica filiera italiana del Pci/Pds/Ds/Pd. La “gauche caviar”, come viene ormai comunemente definita. Si tratta, cioè, dell’ultima esperienza concreta del Partito democratico. Ovvero, parliamo di un partito che interpreta, intercetta ed è votato prevalentemente dai ceti medio alti, dalla media/alta borghesia, dai garantiti e dalla società che sostanzialmente “sta meglio”. Un partito, come dicono gli stessi protagonisti, nonchè i vari istituti demoscopici, radicalmente avulso dalle condizioni concrete in cui vivono i ceti popolari e tutti coloro che non riescono più a condurre una vita normale e dignitosa. Appunto, un partito funzionale agli interessi della zona “ztl” e neanche più realmente rappresentativo di quel mondo alto/borghese. Il resto della sinistra, presente anche alle ultime elezioni, appartiene al mondo dei “gruppettari” e quindi non è degno di nota.

 

Accanto alle varie articolazioni della sinistra contemporanea, non possiamo però dimenticare – come ovvio ed evidente – la tradizione e la cultura della “destra sociale” che storicamente e politicamente nel nostro paese non è mai stata estranea ai temi sociali e che in queste ultime elezioni ha premiato massicciamente il partito di Giorgia Meloni.

 

Ora, però, al di là della descrizione oggettiva di ciò che offre il mercato politico contemporaneo, è indubbio che la cosiddetta “questione sociale” non può essere affrontata in modo saltuario ed approssimativo. È sempre più indispensabile, nonchè necessario al riguardo, recuperare la tradizione, la cultura e la sensibilità di quella che un tempo veniva comunemente definita come la “sinistra sociale”. Seppur in mancanza di leader autorevoli che oggi possono incarnare concretamente quella sensibilità culturale ed ideale e di strumenti, cioè i partiti, che possano farsi carico organicamente di quei problemi e di quelle istanze. A volte drammatiche e sconvolgenti per centinaia di migliaia di persone e relative famiglie.

 

Insomma, si tratta di capire come politicamente, e culturalmente, si può affrontare di petto e con coscienza critica la “questione sociale” contemporanea. Senza improvvisazione, senza dilettantismo e, soprattutto, senza appaltarla a partiti o singoli esponenti politici che non sono affatto attrezzati e muniti di cultura politica per farsi carico di quelle istanze. Per questi motivi la storica cultura del cattolicesimo sociale, seppur rinnovata ed aggiornata alle domande della società contemporanea, deve uscire dal letargo e dalla pura rimeditazione del passato. Deve trasformarsi, ancora una volta, in iniziativa politica. Come era un tempo e come deve diventare oggi. Non per il bene di quella cultura, ma per un futuro dignitoso e più equo della nostra società. Delle persone e delle famiglie.