Finalmente al “centro” qualcosa si muove. Il progetto di dar vita ad una sorta di “Margherita 2.0” cerca di colmare un vuoto politico che anche i sondaggisti più accreditati e non quelli compiacenti con i vari partiti committenti, indicano in una forbice elettorale che viaggia tra l’8 e il 12% dei consensi.

La bella riflessione di Francesco Provinciali su queste colonne in merito alla difficoltà a “riaggregare il centro” esige e forse richiede un supplemento di riflessione. Che un “partito di centro” e una “politica di centro” ormai si impongano nel dibattito e nella dialettica politica italiana è, ormai, un dato di fatto. E questo non solo perchè ci troviamo di fronte ad un sostanziale esaurimento della spinta e della sub cultura populista di marca grillina e tutto ciò che quella deriva si è trascinato dietro. Ma anche e soprattutto per la necessità di rideclinare nella politica italiana una cultura, una politica, una prassi e un metodo che sono stati determinanti e decisivi nel nostro sistema politico nelle diverse fasi storiche e che, purtroppo, proprio in questi ultimi sono stati sacrificati sull’altare dei dogmi del populismo da un lato e da un bipolarismo muscolare e spietato dall’altro. Un bipolarismo che è stato più funzionale alla cultura e alla logica degli “opposti estremismi” che non ad una reale e fisiologica democrazia dell’alternanza. 

Non a caso, le parole d’ordine e soprattutto i comportamenti concreti sono stati più ispirati alla logica dell’annientamento e della distruzione del “nemico” che non a quello del dialogo e del normale confronto tra la maggioranza e l’opposizione di turno. Oltre, com’è evidente a tutti coloro che non amano la politica dello struzzo, a quella delegittimazione morale ed etica che resta una prassi molto gettonata nella cultura della sinistra italiana dal secondo dopoguerra in poi e che non si è mai dispersa od attenuata. Anzi. È più viva che mai.

Ma, al di là di queste considerazioni talmente oggettive da non fare neanche più notizia, non possiamo non rilevare che finalmente al “centro” qualcosa si muove. Non a livello testimoniale o puramente virtuale, come purtroppo è capitato per troppo tempo, ma nel concreto della dialettica politica italiana. Il progetto di dar vita ad una sorta di “Margherita 2.0” risponde a questo obiettivo e cerca di colmare un vuoto politico che anche i sondaggisti più accreditati e non quelli compiacenti con i vari partiti committenti, indicano in una forbice elettorale che viaggia tra l’8 e il 12% dei consensi. Un’area che difficilmente è intercettata dagli attuali schieramenti politici. Cioè, da un lato da una sinistra a tratti massimalista saldamente alleata con il tardo populismo dei 5 stelle e, dall’altro, da un eccessivo sovranismo della destra che, al di là della indubbia capacità della Meloni, non riesce ancora a schiodarsi dal marchio politico originario. Una “Margherita 2.0”, appunto, che sappia riunificare in un solo soggetto politico culture ed esperienze diverse che, al di là del sistema elettorale che ci sarà per le elezioni del 2023, potrà essere un punto di riferimento per tutti coloro che non si riconoscono nell’attuale sinistra massimalista o nella destra ancora largamente sovranista. Dopodichè, come ovvio, se si renderanno necessarie le alleanze si faranno le alleanze, ma non in condizioni di subalternità e di puro gregariato.

Il processo costituente di questo progetto politico è già decollato. Tocca a tutti coloro che ci credono e che non si limitano a gridare nel deserto portare un contributo fattivo e concreto. Il resto, purtroppo, si limita sempre, e ancora una volta, alla sola testimonianza sterile ed impotente e alla attesa di tempi migliori…