Ovviamente no! direbbe un filosofo-logico, perché i fondamenti di qualsiasi cosa ne costituiscono il presupposto alla nascita, il DNA e se la democrazia avesse fondamenti democratici vorrebbe dire che ci sarebbe stata – forse ci sarebbe ancora – una democrazia antecedente alla democrazia stessa. Un assurdo per la logica, mentre nel comune senso del discorso tutti pensiamo – e guai a dubitarne – che la democrazia abbia fondamenti assolutamente democratici. 

“Oggi abbiamo bisogno di idealismo, ovvero di un atteggiamento di fiducia verso il futuro…. Insomma di un nuovo slancio di umanesimo”, dichiara Dacia Maraini in un’intervista opportunamente ripresa dal Domani di qualche giorno addietro. Molti benpensanti del campo progressista e riformista avranno arricciato il naso a questa uscita della grande scrittrice, pensando ad un sinistrismo di ritorno con tanto di nostalgia per le utopie d’antan. Dopo anni infarciti di postmodernismo, di postideologia, di politica pragmatica, di economia fatta di libero mercato e di spontaneo privato, sentir parlare di nuova ideologia o di nuovo umanesimo avrà visto molte labbra piegarsi in ironici sorrisetti.

E invece Dacia Maraini ha ragione, non è sbagliato parlare di nuovi ideali e non si tratta di marce indietro, di nostalgia di vecchi impianti massimalisti. Si tratta di prendere atto che la stessa nostra democrazia nasce proprio dal progetto di arbitrare conflitti ideologici trasformandoli in confronti concettuali in cui vadano a morire le idee sconfitte, ma non gli uomini che le sostengono. Dunque, tutta la democrazia moderna nasce in ambiti altamente ideologici di scontri tra modelli sociali e culturali opposti. Non solo; pur vestendo i panni di un arbitro al di sopra delle ideologie è essa stessa un’ideologia, come lo è il capitalismo, come lo è qualsiasi entità fatta di regole, diritti, vincoli, doveri, obblighi, opportunità. Gli scontri ideali sono un presupposto della democrazia, dunque; ed essa non può vivere in loro assenza. E infatti vediamo, oggi, come si stia snaturando, come da strumento atto a scegliere il sistema di governo migliore stia diventando il fine ultimo essa stessa,  in quanto assegnazione del potere per il potere e tutto il diritto – cioè il corpus democratico – diventa nient’altro che la possibilità di perseguire e difendere un qualsivoglia interesse grazie a regole create dagli stessi operatori del mercato. Questo è lo scenario delle democrazie contemporanee, spogliate dei fondamenti che le hanno fatte nascere e non è un caso che ormai si viva in una specie di foro giuridico globale dove non passa giorno senza che giudici o avvocati vengano alla ribalta.

La stessa politica sembra ridursi a sistema di spot pubblicitari dove falsi o impossibili obiettivi vengono additati come specchietti per le allodole. Non si alimentano più le passioni, ma solo gli appetiti immediati, l’importante è, per i politici, piacere, essere simpatici. Dal pathos alla simpatia, dalla repubblica popolare alla partitocrazia e, successivamente, alla oligocrazia (i cerchi magici) e infine alla demagocrazia. Annunciare la riduzione delle aliquote IVA, tanto per fare un esempio, serve alla campagna elettorale, non al rilancio dell’economia. Ridurre l’IVA, infatti, è cosa che prima si fa e poi si annuncia (vedi in Germania), mentre da noi, adesso, l’effetto della promessa di ritocco sarà quello di contrarre i consumi, ponendosi, i consumatori, in attesa di acquistare a prezzi ridotti in autunno o forse a gennaio. Chi comprerebbe, per esempio, adesso, un’automobile?

L’altra grande parola di Dacia Maraini nella sua intervista è “cambiamento”.  La politica non può rinunciarvi, perderebbe l’anima, la capacità di orientare le masse verso obiettivi condivisi che fondano le  comunità. Ma per rimetterne in piedi una nuova occorre abbandonare le vecchie prospettive di cambiamento, superate dagli eventi e ormai inattuali. Grandi filosofi, da Spinoza in poi, hanno capito il nesso fondativo tra ideologia e politica, tra sogno, motivazione e agire degli uomini.