Articolo pubblicato da Studiorama, la newsletter di Studio a firma di Davide Coppo

Con la consueta stupefacente ripetitività sta per tornare, con il solstizio invernale e le feste religiose a esso collegate, la altrettanto rituale discussione sulle virtù del panettone o contro la semplicità del pandoro. I detrattori del panettone, solitamente, lamentano un difetto in particolare: la presenza, nell’impasto del dolce, di uvetta o canditi. La discussione è rituale e si ripropone annualmente in quanto impossibile da risolvere, può offrire però buoni spunti per disquisizioni più interessanti, per spostare l’argomento dai capricci gastronomici alla geopolitica del cibo.

Che Milano fosse città aperta a migrazioni e spunti culturali da ogni parte del mondo è rappresentato proprio da quell’uvetta e quei canditi, arrivati dall’Oriente sul Mediterraneo via Venezia. Qualche giorno fa sul T Magazine allegato mensilmente al New York Times è stato pubblicato un bell’articolo sulla storia delle spezie, ingrediente di lusso che ha caratterizzato e sporcato di sangue migliaia di anni di imperi e conquiste. «A proposito di uvette», potrete esordire, «conoscete il nuovo mercato della curcuma in America Centrale?».

Se invece avete a che fare con l’archetipico zio leghista, altre letture consigliate a partire dal panettone e i suoi canditi sono i libri di Braudel sul Mediterraneo, con cui spiegare le origini di molti piatti della cucina non solo meridionale. I tortelli cremaschi, ad esempio, pieni proprio di quell’uva sultanina (appunto) originaria della Turchia e oggi diffusa soprattutto nel cultivar di Corinto, città portuale bizantina e ottomana e veneziana e di nuovo ottomana prima dell’indipendenza, e di canditi, altro dono arabo passato dalla Serenissima. Concludere con Predrag Matvejevic da Breviario mediterraneo: «Lungo le coste di questo mare s’incrociavano le vie del sale e delle spezie, degli olii e dei profumi, della sapienza e della conoscenza. Sul Mediterraneo è stata concepita l’Europa». Buon appetito.