Non è importante se Mario Draghi vorrà assumere la guida di un tale progetto di centro. Sarà invece essenziale che, accanto alla ricerca di un patto federativo da definirsi sul piano nazionale, si realizzi nelle realtà territoriali un processo di avvicinamento delle tre culture – popolare, liberale e riformista – che hanno fatto grande l’Italia. A maggior ragione, e con più forte determinazione, non è più rinviabile il processo di riunificazione politica della vasta e articolata area cattolica. 

Che Mario Draghi  un lavoro “possa trovarselo da solo” non abbiamo alcun dubbio, così come crediamo al suo diniego ad assumere il ruolo di federatore dei tanti centrini in cerca di riunificazione. Riteniamo anche che il suo ruolo di capo del governo debba rimanere sino al raggiungimento degli adempimenti previsti dall’UE per il PNRR. Ciò non toglie, tuttavia, che ci si debba impegnare per costruire il nuovo centro della politica italiana che, come ho scritto più volte, non può risultare dalla semplice sommatoria dei diversi addendi sul campo, ma dovrebbe rappresentare l’incontro delle principali culture politiche riformiste presenti in Italia. Nell’ambiente laico purtroppo, tranne qualche lodevole eccezione, sembra prevalere il deserto culturale. 

Dopo la caduta del Muro, si sono avuti molti atti di apostasia dalle dottrine social-democratiche e liberal-democratiche e si è notato l’abbracciare, con stolto entusiasmo, il neo-liberismo o finanz-capitalismo, pseudo-ideologia che non ha niente a che vedere col liberalismo di Benedetto Croce. Assai più attrezzata, almeno sul piano culturale, è l’area cattolico democratica e cristiano sociale, considerato che le ultime encicliche sociali della Chiesa Cattolica ( Centesimus Annus, Caritas in veritate, Evangelii gaudium, Laudato SI, Fratelli tutti) insieme all’appello di Papa Francesco in occasione della LV Giornata della pace, costituiscono le più avanzate risposte ai problemi connessi all’età della globalizzazione, in un momento nel quale quella che Papa Francesco ha dichiarato essere la terza guerra mondiale a tappe, sembra stia volgendo alle sue tragiche e drammatiche conseguenze.

Nel colpevole silenzio dell’ONU e il timido cinguettare dell’UE, privata di una politica estera e di una forza militare comune, i Paesi europei rischiano di fare la fine del vaso di coccio tra i due vasi di ferro. Anche in Italia c’è bisogno che, al di là del ruolo di sicura fedeltà atlantica ed europea assicurato da Draghi, e dell’impegno del giovane ministro degli esteri, ben lontano dalle competenze dell’antico maestro Andreotti, prendano finalmente voce le culture politiche e democratiche che sono state alla base del patto costituzionale.

L’obiettivo, dunque, è sicuramente quello di costruire un centro rinnovato che, come scrivo fino alla noia, dovrà essere ampio e articolato, di tipo laico, democratico, popolare, liberale, riformista, europeista, alternativo alla destra nazionalista e populista e distinto e distante da una sinistra tuttora alla ricerca della propria identità. Un centro nel quale ci si possa trovare uniti dalla volontà di difendere e attuare integralmente la Costituzione repubblicana, ed al quale, noi eredi della migliore tradizione cattolico democratica e cristiano sociale, dovremmo offrire il miglior contributo di idee e di classe dirigente.

Non è importante se Mario Draghi vorrà assumere la guida di un tale progetto in cantiere, per il quale, ripeto, non basterà la volontà dei rappresentanti ufficiali dei gruppi romani; mentre alla leadership di governo di Mario Draghi, compatibile con gli impegni derivanti dal Next Generation UE e all’attuazione del PNRR italiano, non mi sembra ci siano credibili candidature alternative. Sarà invece essenziale che, accanto alla ricerca di tale patto federativo da definirsi sul piano nazionale, si realizzi nelle realtà territoriali un processo di avvicinamento delle tre culture – popolare, liberale e riformista – che hanno fatto grande l’Italia. A maggior ragione e con più forte determinazione non è più rinviabile il processo di riunificazione politica della vasta e articolata area cattolica, culturale e sociale, la quale, ancora una volta, come nelle migliori fasi della storia italiana, potrà/dovrà offrire il proprio indispensabile contributo, traducendo nelle istituzioni, e in collaborazione con le altre componenti politico culturali, molte delle indicazioni della dottrina sociale cristiana.