MASSIMO PAPINI, «QUALE FUNZIONE PUÒ SVOLGERE IL DOMANI D’ITALIA?». È TEMPO DI APRIRE UN DIBATTITO.

 

Una lettera aperta, ricca di spunti e sollecitazioni, che prende le mosse dalla rilettura dell’editoriale di Giovanni Galloni apparso sul primo numero de “Il Domani d’Italia” (1975).

 

Carissimi,

 

questa mattina ho pensato a voi, avendo ripreso in mano il primo numero del “Domani d’Italia” diretto da Giovanni Galloni. La data riportata è quella del febbraio 1975, quindi tra la sconfitta della Dc nel referendum sul divorzio e le previste elezioni regionali, dense di incognite.

 

E’ un periodo in cui la Dc sta cercando una strada per rinnovarsi senza mutare i connotati storici e “ideologici”, legati all’ispirazione cristiana. Tanto più che il clima generale nel paese non gli è per nulla favorevole. Vi è un’ondata di rigetto, soprattutto in ambiti della cultura laica, laicista e “marxista”(diffusa nei gruppi extra parlamentari), che identifica il partito dei cattolici con un sistema di potere da abbattere, senza alcun compromesso.

 

Anche per questo la sinistra di Base, ma non solo, prova a misurarsi con questa temperie sfavorevole e a superare le rigidità ancora presenti nella Dc. Galloni, però, nell’editoriale di apertura tende a precisare che “Il Domani d’Italia” non intende essere la voce di una corrente, ma di tutto il partito. Solo così si può avviare il confronto “con il sindacato, con il dissenso cattolico e con i partiti democratici”. Non lo dice, ma è facile intendere che si rivolga soprattutto al Pci.

 

Riprende una citazione di Gabriele De Rosa riguardo al “Domani d’Italia” di Francesco Luigi Ferrari, il quale si era assunto la responsabilità di non invocare “l’antipartito”, ma di reclamare “più partito”, e cioè di rinverdire le ragioni dell’esistenza del PPI. In questo modo Galloni chiarisce che non intende mettere in discussione la validità della presenza della Dc, ma, se mai, di rafforzarne le regioni ideali originarie.

 

Per questo, a suo avviso, occorre spingere la Dc sulla strada del rinnovamento, a liberarsi da certe incrostazioni legate al sistema di potere e a provare a navigare in mare aperto. Non viene mai tirato in ballo ma è evidente che aleggia la figura carismatica di Aldo Moro, proprio nell’ambizione ad aprire la strada a quella che verrà definita “terza fase”.

 

Allora diventa inevitabile il confronto con la proposta berlingueriana del compromesso storico. Paradossalmente, anche se non viene intesa in questo modo, si presenta l’occasione per uscire dall’accerchiamento di una parte della società civile sempre più ostile. Ma l’offerta viene dal nemico storico, e cioè dal Pci. e non si può credere che venga presa in considerazione senza un travaglio interno e senza le necessarie e comprensibili prudenze.

 

È comunque interessante che la proposta venga presa molto sul serio e che dietro al dibattito sul rinnovamento della Dc aleggi la questione comunista. Alle aperture di Galloni (allora coinvolto in un confidente rapporto personale con Rodano), legate però a un progressivo e decisivo distacco del Pci dalla tradizione leninista, fa da contraltare la posizione meno aperturista dei vari Ardigò, Elia, ecc.. i quali non negano la validità del confronto, ma ritengono che in qualche modo la storia stessa releghi il Pci a un ruolo di opposizione, peraltro necessario al rafforzamento della democrazia e a un’eventuale futura alternanza al governo.

 

Nei numeri successivi il dibattito continuò ed ebbi l’onore di parteciparvi, ma si concluse l’anno successivo, chissà perché, con il XIII congresso della Dc. Forse la vittoria di Zaccagnini fece ritenere esaurito il ruolo di pungolo al rinnovamento che il giornale si era dato, ma è solo un’ipotesi.

 

Oggi, caro Lucio, che hai ripreso in mano questa gloriosa testata, ti chiederei in quale modo potresti dirti in continuità con la rivista di Galloni. Certo, la realtà oggi non ha quasi nulla in comune con la temperie di metà anni settanta. Parte delle attese di quella fase, si sono compiute nella esperienza del Pd, pur con tutti i limiti inevitabili di ogni esperienza politica, aggravati, aggiungerei, dal farsi largo di una cultura radicale e azionista, estranea alle tradizioni cattoliche e comuniste. Tanto più che in qualche modo, sempre paradossalmente, un papato tanto protagonista come quello di Bergoglio ha tolta molta voce ai cattolici in politica.

 

Insomma, una testata così impegnativa, che tu dirigi sapientemente, in che modo potrebbe influire nel domani di questo nostro martoriato paese?

Scusa l’ingerenza

 

un caro saluto

 

Massimo