MELONI, IL PRESIDENTE POLITICO DELLA DESTRA POPOLARE.

La proposta della destra popolare è definita nei suoi paradigmi: nazione, identità di popolo, famiglia, lavoro, crescita economica interna, difesa dei prodotti nazionali. Dalla Piazza al Palazzo, e viceversa, il messaggio incontra la piatta emotività della pubblica opinione. Per ora è consenso diffuso, più per rassegnazione che per entusiasmo, mentre le opposizioni restano ai margini (con linee politiche diverse).

 

Meloni è il primo Presidente del Consiglio politico dopo 10 anni di governi di coalizione decisi dalle segreterie politiche, ed è di tutta evidenza di cosa comporti se si analizza l’intervista, trasmessa in diretta televisiva, fatta in piazza a Roma per le celebrazioni dei 10 anni del partito di cui è leader, ovvero Fratelli d’Italia.

È una Meloni perfettamente a suo agio nella veste di politico perché rivendica le scelte del suo Governo, soprattutto quelle più controverse, con l’autonomia delle decisioni che le riviene dal risultato elettorale e dall’aver preparato con cura da mesi i temi sui quali le decisioni identitarie della destra popolare, alla quale fa riferimento, avrebbe portato non solo consenso ma anche un sostegno popolare di più lungo periodo. Meloni ha la capacità di parlare alla gente (alla piazza) e da politico sa che quando si parla in piazza non è ai suoi che ci si deve rivolgere ma a coloro i quali sono rimasti indecisi (il famoso non voto espresso) o a quelli che non hanno ancora manifestato un rinnovato interesse per la politica. Primo tema identitario la Nazione e la difesa degli interessi italiani all’interno e all’esterno del Paese. Finora il tema pubblico era stato quello dello stare in Europa, di cercare il modo per non essere in stato di inferiorità rispetto ai Paesi con maggiore peso politico, una sorta di ricatto sulla presenza/accettazione nel consesso europeo, che è stato un retaggio della questione finanziaria legata all’andamento dello spread. I Presidenti del Consiglio che l’anno preceduta, non essendo politici, si sono inseriti nel solco della partecipazione/accettazione del Paese sulla base della sua capacità economica e finanziaria.

Meloni cambia prospettiva e parla di identità nazionale prima di ogni altra questione economica e così facendo costringe gli altri a riesaminare una questione che sembrava superata dall’appartenenza stessa all’Unione europea. Tutte le scelte politiche fatte e che si faranno sono sul solco della identità nazionale: così i provvedimenti per i rave party, così il reddito di cittadinanza, così le immigrazioni irregolari, così gli accordi commerciali, le politiche energetiche comuni, le politiche per la famiglia e per il lavoro. Una prospettiva che spiazza prima di tutto la diplomazia che si è formata su idealità differenti e semmai l’identità nazionale l’ha applicata nel settore commerciale e culturale, e qui si trova a difenderla a tutto campo. All’ interno del Paese, di identità nazionale non si sente parlare da decenni, quanto meno l’ultima volta che se ne è parlato era per superarlo con il potenziamento dell’unione europea con la Carta costituzionale europea, per l’appunto per superarlo in virtù di essere prima europei e poi cittadini dello Stato membro dell’Unione. Lo slogan elettorale “prima gli italiani” è più che una dichiarazione è una definizione di Nazione e di ordine di priorità.

Seconda questione identitaria. Da cenerentola della politica a leader. La scommessa di dieci anni fa, le incertezze lungo la strada della conquista del consenso e dei voti con l’obiettivo del 5% dopo 5 anni dalla fondazione di Fratelli d’Italia, è motivo di orgoglio e rivendicato come percorso lontano dalle lobby di potere e di governo, tasto ancora più sensibile adesso con il Qatargate che colpisce la sinistra. Ma il leader è anche generoso nel riconoscere che è un lavoro di gruppo di cui Meloni è solo il front-end per la piazza, non la macchina che si è messa in moto per conquistare voti e consenso. Non una destra contro la sinistra di governo, come nel caso francese della Le Pen, ma una destra popolare al servizio della Nazione, della sua gente, del popolo minuto si sarebbe detto una volta. E così con una base diffusa e fatta di gente che conosce bene la fatica di vivere in tempi di recessione, che è bene ricordarlo comincia proprio 12 anni fa con la questione dell’indice spread che sale e scende, la leader Meloni porta a casa un possibile consenso a medio termine che potrebbe portarla a governare fino alla fine naturale della legislatura. Anche i provvedimenti più controversi sono presi per il “bene della Nazione”, e la questione sembra chiudersi lì, anche se il rispetto delle opinioni contrarie è ribadito più volte, salvo intendersi a verifica successiva se poi possano essere accolte concretamente.

Nessuno dei Presidenti del Consiglio che l’ha preceduta ha un curriculum politico così identitario e definito, essendo italiani ma non per la difesa dell’identità nazionale, così marcatamente preponderante rispetto agli interessi del Paese (più europei che italiani in senso stretto); e questo dato è un punto di forza con il guardare a quei 37% di italiani che non è andato a votare, non scegliendo forse anche perché l’offerta politica non era ancora chiara. Ora la proposta della destra popolare è definita nei suoi paradigmi: nazione, identità di popolo, famiglia, lavoro, crescita economica interna, difesa dei prodotti nazionali. Per i palati più raffinati resta fuori la cultura, ma non è detto che rientri con tempi più calmi. Su queste linee politiche di intervento coniugabili alla bisogna (sono principi generali e pertanto declinabili in vari modi) è facile che quella parte di italiani che è rimasto a casa ( giovani e anziani, ma anche i piccoli artigiani) possa mostrare un qualche interesse non scettico, ma neanche entusiasta. Ed è a loro, con la veemenza che le è propria, che il Presidente Meloni si è rivolta da piazza del Popolo, non per convincerli ma per interessarli.

Così facendo ha però eroso ancora il pezzo di rappresentanza che il terzo polo va cercando disperatamente di conquistare, perché, tranne quelli ai quali la destra popolare proprio non piace per ragioni ideologiche legittime, il bacino degli indecisi è proprio quello che tutti si vogliono contendere; la sinistra del PD e dei 5 Stelle perché hanno penso consensi non drenati in altre forze politiche, il centro perché ritiene di rappresentare meglio le esigenze della piccola/media borghesia, ma non degli operai e dei disoccupati (errore grave di valutazione perché nel 37% la componente operai/disoccupati è forte) e l’area cattolica della destra al governo perché pensa di poterli includere nelle politiche di governo con il tema famiglia e identità nazionale.

La piazza pubblica l’ha vinta lei, senza alcun dubbio. È andata in diretta sulle reti Rai, non perché Capo del Governo, ma come leader politico per una ora buona. All’opposizione sono toccati i “riassunti” dei servizi dei telegiornali, l’assenza di interesse e forse solo la nota di colore di esserci.