Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Caro Lucio,

Il Domani d’Italia ha pubblicato ieri tre interventi che,  a mio avviso, risentono dei più recenti passaggi della discussione avviata sui cattolici in politica. Alla varietà delle posizioni, che tendono però ad essere sempre più convergenti, fanno da contorno indecisioni, confusione e, persino, un pizzico di ambiguità politica, se non di opportunismo personale. 

La continua riflessione deve riuscire a far emergere il meglio, all’insegna della chiarezza e dell’onestà intellettuale e nei comportamenti.

E’ di pochi giorni fa l’incontro, destinato a rimanere“ riservato”,  organizzato dall’amico Bruno Tabacci cui hanno partecipato, su invito strettamente personale,  alcune personalità di estrazione cattolica. Molti schierati nel Pd. Da essi è giunta la misura delle difficoltà in cui si trovano.

Parlo di quell’incontro perché la riservatezza chiesta agli inizi della chiacchierata è stata subito smentita da chi ha fatto uscire su Il Fatto Quotidiano, e poi su Affari Italiani, la notizia. Chiaro il tentativo di trasformare un ragionamento serio in un maldestro tentativo di lanciare a Zingaretti il messaggio minaccioso sull’esistenza di  qualche parlamentare d’estrazione cattolica pronto a lasciare il Pd. 

Non possiamo essere interessati a ciò, se questa è l’intenzione di fondo.

Ciò premesso, torno alla sostanza dell’incontro e della convinzione con cui ne sono uscito. Di positivo c’è stato che, per la prima volta, in maniera esplicita è stato posto anche da questi amici il problema di dare vita a un nuovo partito. Il tempo non passa invano e fa la sua parte nel costringere all’ascolto di quello che in molti, in realtà, ascoltiamo da tempo in mezzo alla nostra gente.

Non mi è sfuggito, o questa è l’impressione che io ne ho tratto, l’esistenza di un consesso di cattolici che, da persone intelligenti e da politici di lungo, lunghissimo, corso si pongono i problemi dell’oggi, mentre continuano a correre il rischio di tornare a usare categorie mentali proprie del passato.

Una buona parte del dibattito è andato ruotando attorno al quesito sull’opportunità di chiedere o meno il permesso alla “ casa madre”, cioè il Pd. 

Come se il partito di Nicola Zingaretti  fosse in grado affrontare la vera questione al tappeto che a noi interessa: le attese e il superamento delle delusioni, venute a piene mani anche dal centrosinistra, dei tanti intenzionati  a ragionare politicamente sulla base del pensiero popolare e cristiano democratico. La risposta è stata generalmente a favore dell’idea di non chiedere alcuna autorizzazione. Bene!

Il punto di fondo che ci riguarda, però, è quello di valutare se l’avvertita necessità del cambiamento sia in grado di superare la difficoltà a cogliere pienamente  la straordinarietà della situazione e, quindi, di quanto altrettanto straordinaria debba essere la risposta alla richiesta di mutazione. Ciò significa, a mio avviso, ma anche secondo tanti altri amici, un’assunzione di responsabilità in proprio, senza porci in via pregiudiziale il problema di passaggi su cui sarà necessario interrogarsi in relazione a quello che fatti e vicende concrete ci presenteranno. Abbiamo bisogno, per prima cosa, di diventare davvero adulti , quindi, autosufficienti e di liberarsi da qualsiasi dipendenza politica e psicologica.

Qui si pone in effetti il tema su cui, caro Lucio, parliamo da tempo anche io te: quello della coalizione d’impronta degasperiana. 

La questione si è inevitabilmente riproposta ieri su Il Domani d’Italia, con talune sfumature leggermente non coincidenti tra di loro, con gli interventi di Lorenzo Dellai e di Giorgio Merlo.

I cattolici tra identità ed alleanze. Non è proprio l’annosa e irrisolta questione dell’uovo oggi e della gallina domani, ma poco ci manca. In ogni caso, di due aspetti diversi si tratta. Se ciò non fosse, lo sbocco del ragionare filosofico e politico in materia sarebbe già stato individuato.

Si tratta di un punto cruciale di metodo, che però diventa sostanza politica. Da risolvere perché altrimenti rischia di rendere problematici  i primi passi possibili da fare assieme con tanti amici e gruppi intenzionati , come scrive Dellai a rigenerare una cultura sociale e politica” o,  dice Merlo, a scommettere sulla capacità di “trafficare i propri talenti”.

Finalmente si sta giungendo ad una convergente sensibilità sulla necessità di definire, assieme ad un progetto programmatico, anche la presentazione di una identità, argomento su cui siamo intervenuti noi due, quasi in contemporanea, con una non concordata, immediata reazione all’incontro promosso da Bruno Tabacci.

Si tratta ora di delineare il resto e valutare quanto siano maturi i tempi ed evolute le cose da portarci al punto, già oggi, di farci addirittura riflettere sulle alleanze, mentre si affronta il tema dell’identità e, spero, quello dei contenuti politici programmatici utili alla definizione di un nuovo ed originale percorso politico.

Personalmente non credo che si sia già nella condizione di parlare delle alleanze: se vogliamo essere realisti, in relazione alle condizione del nostro mondo; concreti, se si valutano le vere intenzioni del Pd, visto che soprattutto di esso si parla. 

Lo abbiamo sempre detto: quella delle alleanze, in ogni caso del rapporto con gli altri, costituisce  una delle essenze del ragionare politico democratico, ma si deve pur tenere conto delle situazioni concrete e degli interlocutori possibili. Soprattutto, dopo che si è riusciti a qualificarci per quello che si è.

Credo, dunque, che una seria, responsabile, credibile nuova presenza debba essere calibrata sulla volontà e la capacità di riuscire a portare autonomamente, anche sul piano politico concreto, un rinnovato pensiero cattolico e democratico cristiano e nella condizione di presentarsi ed essere soprattutto percepito quale vera alternativa possibile alla destra revanscista e chiusa che vediamo avanzare.

E’ bene che i democratici di Zingaretti e Renzi compiano un loro percorso di rigenerazione. Di esso, comunque, cogliamo scarsissime tracce, nonostante all’interno del Pd  siano già presenti molti parlamentari che si dicono cristianamente ispirati.

C’è però di scrutare l’orizzonte con un proprio binocolo ed essere pronti a cogliere il vento migliore, indipendentemente da quello che vogliono mettere nelle proprie vele altrui imbarcazioni.

Se scrutassimo con quel binocolo senza schemi precostituiti vedremmo tante altre realtà con cui è possibile collegarci. Composte da chi ha seguito altre opzioni finora, ma anche da chi è sceso sulla battigia de “ l’isola degli astenuti” e non è più tanto disponibile ad un nuovo imbarco su quegli stessi mezzi la cui rotta e le cui condizioni lo hanno deluso finora.

E’ questo il vero popolo verso cui deve andare il nostro ascolto. A partire dalle realtà territoriali completamente emarginate dalla politica verticistica praticata anche dal Pd, sulla scia di visioni “ leaderistiche” capaci solo di segnare la perdita di contatto con ampi settori della vita economica, civile e culturale. 

Noi attorno a questo dovremmo ragionare e dare, in tal senso, un segnale definitivo di autentica rottura con i metodi del passato. Dobbiamo avere l’ambizione di offrire, assieme a tanti altri democratici che cattolici non si dicono o non sono, quella reale proposta di cambiamento richiesta da una sostanziale maggioranza del Paese.