Non dimentichiamo la giornata della memoria

Con “La difesa della Razza” la politica del regime fascista nei confronti degli ebrei divenne martellante e metodica

Articolo pubblicato sulle pagine dell’ Isitituto Mounier

Il prossimo 27 gennaio come ogni anno da quando il Presidente della repubblica italiana Carlo Azeglio Ciampi la istituì, si ricorda la giornata della memoria perchè quel giorno nel 1945 venne aperto il lager di Auschwitz dalle truppe sovietiche. Quest’anno sarà sicuramente un anniversario particolare, altri morti affliggono la nostra memoria recente in tempo di pandemia ,ma non dobbiamo dimenticare l’orrore che quel 27 gennaio di tanti anni fa apparve all’apertura dei cancelli del lager più tristemente famoso.. Quel giorno come tutti dovrebbero sapere, è stato fissato per ricordare la Shoah, ovvero lo sterminio nazista del popolo ebraico e di tutti quanti soffrirono e morirono nei campi di concentramento, nelle prigioni naziste e fasciste di tutta Europa. O che furono perseguitati, vilipesi violentati, perdendo lavoro, scuola, diritti civili e poi torturati selvaggiamente, impiccati o fucilati soltanto perchè di religione ebraica.

Ma quel giorno ha anche un altro significato che i giovani di oggi che camminano avvolti in una pluralità di linguaggi che non sanno spesso decodificare, dovrebbero invece sapere e in ciò dovrebbe esserci un impegno soprattutto della scuola: vuol dire ricordare l’infamia delle leggi razziali fasciste, la persecuzione terribile di tanti ebrei italiani deportati nei campi di sterminio in Germania o in Polonia. Molti di essi non varcarono i confini e finirono nella tristemente nota Risiera di S.Saba per essere massacrati. Altri,moltissimi, vennero prelevati dal Ghetto di Roma, oltre mille di cui 207 bambini a volte neonati e dei quali tornarono soltanto in 16.Altri morirono, una cinquantina, alle Fosse Ardeatine, sempre per la colpa di essere ebrei. Le autorità fasciste furono fortemente colpevoli perchè legate e obbedienti alle truppe tedesche che occuparono Roma dal settembre 1943 al giugno 1944,fornendo nomi ed elenchi dei figli giudei da deportare e uccidere, spesso i fascisti parteciparono ai rastrellamenti direttamente insieme alle S.S., come ci ricorda quello splendido romanzo di Giorgio Bassani “Il giardino dei Finzi Contini”, ambientato a Ferrara in cui sono i fascisti collaborazionisti a prelevare e deportare anche lì gli ebrei. Tuttavia non va dimenticato che ci furono questori e poliziotti coraggiosi che anteposero la dignità di persone vilipese alla propria incolumità carabinieri e anche autorità militari che a rischio della vita, che a volte persero come il col. Cordero di Montezemolo, salvarono tanti innocenti. E poi il ruolo della Chiesa, dei parroci, suore,ma anche vescovi e monsignori e persino da papa Pio XII che aprì le clausure di tutti i conventi per accogliere tutti quelli che erano in pericolo, come fece mons. Roberto Ronca Rettore del Pontificio Seminario Romano al Laterano che accolse personalità e cittadini comuni che rischiavano deportazione e fucilazione. diventando anche loro protagonisti della Resistenza antifascista.

Le colpe del regime di Mussolini furono gravissime, anche se spesso vi è la tendenza ad addossare tutte le colpe alla furia nazista; le tesi revisioniste in questi anni si sono moltiplicate, diffondendo giustificazioni improbabili ad atti vergognosi e inumani: Il fascismo fu razzista nella sua essenza e questo fu anche il motivo del fallimento del nostro colonialismo. Non è vero che le leggi razziali furono leggere e che tutto rimase nell’ambito di provvedimenti amministrativi: le leggi razziali fasciste volute fortemente dal Mussolini in persona furono una vergogna e un infamia che mai si potrà perdonare, che portarono alla morte migliaia di ebrei provocando dolore e sofferenze impensabili, torture perverse, paura, terrore e morte. Le leggi razziali furono emanate nel 1938,precedute dal Manifesto della Razza, poi Re Vittorio Emanuele III di Savoia, pronipote di quel Re Carlo Alberto che 90 anni prima nel 1848 aveva promulgato lo Statuto Albertino riconoscendo libertà di culto agli ebrei, firmò il 15 novembre 1938 l’atto più vile e ripugnante che un capo di stato possa sottoscrivere: la legislazione razziale antiebraica!. Il 25 luglio 1938 il ministro della cultura popolare Dino Alfier e il segretario del Partito Nazionale Fascista Achille Starace si erano premurati di ricevere un gruppo di studiosi fascisti, docenti delle università italiane che avevano sotto l’egida dello stesso ministero della cultura, redatto il Manifesto della Razza, che voleva fornire le basi pseudoscientifiche al razzismo fascista. Con le successive leggi agli ebrei veniva proibito tra l’altro di andare a scuola di avere una attività pubblica o privata, di prestare servizio militare e cosa incredibile persino di possedere piccioni viaggiatori! Gli ebrei venivano licenziati anche dalle amministrazioni militari e civili, dagli enti provinciali e comunali, parastatali,da banche, assicurazioni e dall’insegnamento nelle scuole di ogni ordine e grado. Fu una tragedia per migliaia di poveri innocenti che avevano spesso alle spalle anni di carriera e onorato lavoro per l’Italia e subito dopo l’emanazione delle leggi razziali era stato pubblicato sui giornali un elenco di 180 scienziati e 140 politici che aderivano alla campagna razziale fascista, fu un elenco redatto dal ministero a volte senza neanche chiedere l’adesione il permesso di chi vi era compreso, il quale sovente non disse poi nulla per timore di essere a sua volta perseguito, all’insegna del “tengo famiglia!”.

Il 5 agosto 1938 apparve nelle edicole e nelle librerie il primo numero del giornale “La difesa della Razza”, diretto da Telesio Interlandi, un giornalista fanatico allora sulla resta dell’onda e che in quel periodo dirigeva su richesta espressamente rivoltagli da Mussolini il quotidiano “Il Tevere” Egli scriveva articoli di un razzismo ripugnante che subirono attacchi e critiche persino da Italo Balbo governatore fascista della Libia, quadrunviro della Marcia su Roma e proprietario del “Corriere Padano”.

Con “La difesa della Razza” la politica del regime fascista nei confronti degli ebrei divenne martellante e metodica, pianificata e scientifica;prodotto di un giornalismo servile e vergognoso, con assurdi titoli che inneggiavano alla romanità ignorando che l’Impero Romano non fu mai razzista ma inclusivo e che i Romani stessi non solo avevano “inventato” lo jus, il diritto ma lo avevano declinato nello “jus Hospitii” e avevano creato lo Jus Soli non certo lo Jus Sanguinis!. Nel primo numero di “Difesa della Razza” faceva bella figura anche il giovane Giorgio Almirante,poi chiamato a divenire redattore capo della rivista e segretario di redazione, oltte a mai rinnegare il suo passato razzista nel secondo dopoguerra quando divenne segretario e fondatore del partito neofascista Movimento Sociale Italiano (MSI)

Ricordare non è solo un utile servizio alla memoria ma anche un fondamento di quella teoria del carattere che la democrazia deve sempre provvedere a cementare nelle giovani generazioni, perchè chi non ha memoria non ha futuro e non ha la certezza della libertà, giacchè l’uomo è “persona” ovvero quel luogo dove l’essere, come ammoniva Emmanuel Mounier,” si fa parola”, viatico per la difesa ieri, oggi e domani della libertà e dei diritti