NON SI SFUGGE: SE LA DESTRA SI PRESENTA COMPATTA, LE ALTRE FORZE POLITICHE NON POSSONO ANDARE DIVISE.

 

Non si è capito (o meglio, non si è voluto capire!) che per competere con una destra che si attesta complessivamente sempre tra il 42 ed il 45 per cento dei consensi è necessario mettere insieme più o meno tutto il resto. La mancanza di questa visione da parte delle forze politiche non ricomprese nella coalizione di centrodestra rischia di minare anche l’organizzazione di una seria opposizione in grado di esercitare la legittima funzione di controllo e proposta in Parlamento e nel paese.

 

Massimo De Simoni

 

Il fatto che il Partito Democratico – a differenza di altre forze politiche che hanno preso meno voti – sia impegnato nell’analisi di una sconfitta è un sintomo di serietà culturale e politica, che denota un senso di responsabilità che resiste anche in presenza di un il risultato tutt’altro che soddisfacente. In altri partiti si assiste invece alla presentazione di risultati oggettivamente scarsi, ma che vengono celebrati come fossero dei successi elettorali; per non parlare poi della continua girandola di commenti sul PD, con consigli dall’esterno – non richiesti – su ciò che lo stesso PD ha fatto o che dovrebbe fare, arrivando ad esprimere il gradimento sulla segreteria politica presente e sulle ipotesi per quella futura.

 

Purtroppo i problemi con i quali ci si deve confrontare non riguardano solo il nome del segretario o del partito, ma investono una questione più profonda che attiene alla difficoltà che si incontra oggi nel far passare dei contenuti complessi in un sistema di comunicazione – e soprattutto di ricezione – che recepisce solo slogan, ovvero solo messaggi molto semplificati e diretti che non richiedano elaborazione e comprensione di un testo articolato. E alcune proposte avanzate dal Partito Democratico erano e rimangono giuste, ma non si limitavano ad un semplicistico “si o no” su alcuni importanti temi di carattere economico, lavorativo e sociale; quelle proposte richiedevano infatti uno sforzo di approfondimento che oggi non è “di moda”.

 

Una riunione di oltre dieci ore della direzione nazionale, sicuramente non esaustiva né sufficiente, indica quantomeno la volontà di comprendere le difficoltà che attraversano il centrosinistra al proprio interno e il paese più in generale. Una consapevolezza che è certamente mancata in chi ha deciso di staccare anticipatamente la spina al governo presieduto da Mario Draghi, salvo poi dal giorno dopo sollecitarlo quotidianamente ad intervenire e prendere decisioni sulle diverse questioni aperte. La stessa consapevolezza che è mancata nelle forze politiche che non hanno capito (o meglio, non hanno voluto capire!) che per competere con una destra che – prescindendo da oscillazioni e travasi interni alla stessa coalizione –storicamente si attesta complessivamente sempre tra il 42 ed il 45 per cento dei consensi è necessario mettere insieme più o meno tutto il resto, ovvero tutto ciò che è fuori da quel perimetro di destra; e invece niente! Finti accordi, ripensamenti e veti incrociati hanno determinato per Meloni & C. la classica situazione del rigore da calciare a porta vuota. E il risultato poteva essere solo quello che poi è stato il 25 settembre.

 

Questa mancanza di visione da parte delle forze politiche non ricomprese nella coalizione di centrodestra rischia di minare anche l’organizzazione di una seria opposizione in grado di esercitare la legittima funzione di controllo e proposta in Parlamento e nel paese. Le forze che hanno già impedito la nascita di una coalizione elettorale di centrosinistra incarnano la tentazione di arrivare a momenti di collaborazione con la destra ed in particolare con la vera vincitrice delle elezioni, Giorgia Meloni, che già oggi si trova in difficoltà nei rapporti con i suoi alleati.

 

Uno scenario del genere spiegherebbe molte cose, apparentemente incomprensibili, accadute negli ultimi tre mesi e renderebbe più difficile anche la formazione di un’area progressista e riformista in vista dei prossimi appuntamenti politici.