Nuovo anno scolastico. Le linee guida per le scuole dell’infanzia

Si chiede un patto scuola-famiglia in contesti molto spesso difficili dal punto di vista comunicativo

Ad un mese dall’inizio del nuovo anno scolastico il Ministero dell’istruzione ha emanato il “Documento di indirizzo e orientamento per la ripresa delle attività in presenza dei servizi educativi e delle scuole dell’infanzia”, in un clima di incertezza rispetto alla data di avvio delle attività educative (le Regioni reclamano la loro autonomia decisionale) e con riguardo all’assegnazione di dotazioni organiche aggiuntive.
Si parte con le direttive dunque e il Ministero ha ritenuto di cominciare dal segmento scolastico più delicato per le responsabilità organizzative connesse all’età dell’utenza scolastica.

In prossimità di Ferragosto molti Dirigenti scolastici hanno ritenuto doveroso riunire in videoconferenza i collegi dei docenti del proprio istituto al fine di leggere e commentare il testo ministeriale elaborato dalla commissione degli esperti per programmarne l’applicazione in vista dell’imminente riapertura delle scuole.

L’impressione è che ci si trovi a ridosso di una ripresa a settembre densa di incognite e di nodi concreti e calati nelle singole realtà da risolvere. I Dirigenti scolastici hanno avanzato le richieste di poter disporre di dotazioni aggiuntive di personale (docenti e collaboratori scolastici) ma al momento non ci sono risposte certe dall’Amministrazione: all’atto pratico si devono fare i conti con gli organici dell’anno precedente, a fronte delle ribadite esigenze di profilassi, distanziamento, uso di tutte le cautele possibili rispetto a tempi e spazi della giornata scolastica. Le indicazioni ministeriali sono rigorose e in linea con gli indirizzi del comitato degli esperti sanitari della protezione civile: un solo accompagnatore per ogni bambino, i genitori o parenti non potranno sostare nei locali scolastici, i bambini saranno presi in consegna dai docenti di sezione (in realtà uno dei due, visto che l’altro presterà servizio pomeridiano), dovranno essere usati banchi che consentano il distanziamento, si potranno utilizzare gli spazi esterni della scuole (se ci sono), ma sempre mantenendo la rigidità dei raggruppamenti precostituiti per sezione. Non potranno essere usati giochi e materiale didattico in comune: ogni sezione avrà i suoi, i bambini non potranno portare oggetti da casa, i docenti resteranno vincolati al gruppo di alunni assegnati, salterà l’uso del dormitorio per i più piccoli, refezione e bagni saranno usati in modo alternato previa accurata pulizia di locali e oggetti da parte dei collaboratori. Le docenti saranno dotate di mascherine e visiere (resta da stabilire un acquisto congruo di queste protezioni nel caso di nomine di supplenti: ogni dotazione è personale, ma dove sarà custodita se per far spazio ai nuovi banchi (molte scuole ne sono ancora sprovviste) dovranno essere accantonati armadi e suppellettili? Non competerà al personale scolastico la misurazione della temperatura corporea dei bambini ma dovrà essere previsto uno spazio per “isolare” i casi sospetti: il documento parla di “patto di corresponsabilità educativa” tra scuola e famiglie. L’impressione è che ci saranno difficoltà quotidiane: una mamma che deve andare al lavoro potrebbe lasciare il figlio a scuola anche se “gli cola il naso, ha mal di gola e qualche linea di febbre”. Nemmeno la presenza di un ufficiale dell’esercito potrebbe garantire il rispetto delle norme del buon senso comune da parte di tutti.

Figuriamoci un dirigente scolastico iper-responsabilizzato. Figuriamoci un docente con 20 e più alunni.
Molte di queste incognite rischiano di creare un clima di incertezze e paure: negli insegnanti che devono respingere le “intrusioni” dei genitori, mettere le pantofole ai piccoli, accoglierli in aula o nel salone, ma in aule e saloni diversi, poi coprirli e portarli in giardino (ma lo sanno al Ministero che a volte piove e d’inverno i nostri bambini anche se coperti rischiano una bronchite?). Certi momenti come l’accoglienza e la mensa (niente panini da casa!) diventeranno ai limiti della gestibilità: lo sanno gli “esperti” che i bambini di tre anni che entrano per la prima volta in una scuola vogliono la presenza rassicurante della mamma a volte anche per mezz’ora o più? Che piangono se la mamma si allontana?

Questa prassi didattica consolidata si chiama “inserimento” e finora per il primo mese di scuola è sempre stata applicata. Immagino che ci saranno genitori riottosi all’ordine di uscire da scuola lasciando il pargoletto ad una maestra con il viso coperto da visiera e mascherina che la renderanno più simile ad un marziano che ad un umano , a sua volta impegnata ad accogliere altri alunni e a respingere altri genitori, contenendo la mobilità di bambini che non potranno essere certo legati alle sedioline del banchetto monoposto o esagonale (sempre se ci sarà).

Si chiede quindi un patto scuola-famiglia in contesti molto spesso difficili dal punto di vista comunicativo, visto che ci sono sezioni con l’80% e più di bambini provenienti da altre realtà culturali e di diversa etnia.

Dovranno essere evitate attività di intersezione, per evitare rischi di contagi, gli oggetti – abbiamo visto- non potranno essere scambiati tra un gruppo e l’altro di bambini, niente recite, festicciole, travestimenti, costumi: le istruzioni sono rigorose, peccato che la realtà da gestire sarà realisticamente diversa, a cominciare dal fatto che un bambino può avere un fratellino o una sorellina in un’altra sezione o nella scuola primaria, che finite le lezioni si ritrovino a casa insieme e prima ancora, all’uscita da scuola si formino capannelli di mamme e bambini totalmente promiscui. Che ci sono piccoli ai quali “scappa la pipì” mentre il bagno è occupato da “intangibili e inavvicinabili” alunni di un’altra sezione. Questa organizzazione scolastica rigidissima e penso insostenibile sul piano fisico, emotivo e della tensione nervosa, rischia in pratica di essere vanificata dalla naturale promiscuità degli ambienti extrascolastici: casa, supermercato, giardini pubblici, presenze di parenti, di estranei, giochi tra bambini (di sezioni diverse) fuori dalla scuola, persone ammalate in famiglia ecc.

Si ha l’impressione che linee guida così severe siano state emanate per poter dire “abbiamo scritto ciò che va fatto” ma senza tenere conto della complessità esistenziale dei contesti di vita dei bambini e delle loro frequentazioni fuori dalla scuola. Ci vuole il certificato medico del pediatra per essere riammessi dopo tre gg di assenza ma tutti i genitori saranno così responsabili (o se lo sono, potranno materialmente farlo, se lavorano?) da tenere il figlio a casa ai primi segni di un’influenza?. Il patto di “corresponsabilità educativa” funziona se i due contraenti rispettano le regole: ciò che avverrà a scuola avrà un’impronta militaresca più che didattica, si può dire altrettanto per la vita dei bambini “altrove”?

Certo il documento usa con maestria un linguaggio suadente e pedagogese … “nei limiti del possibile”… “laddove necessario”…. “usando il buon senso” e lo fa onestamente per rasserenare un clima già teso prima della ripartenza. Ma se i banchi non sono ancora stati consegnati, se le dotazioni organiche aggiuntive non ancora assegnate, tutto rischia di assumere le sembianze di un teatro dell’assurdo.
Ci sono dirigenti scolastici pessimisti su nuove assegnazioni di docenti in tempo utile, che stanno organizzando eroicamente l’esistente sfidando il principio dell’impenetrabilità dei corpi. Senza contare che tra gli insegnanti presenti ci sono alcuni “lavoratori fragili” (art.83 del Decreto Legge 19 maggio 2020, n. 34) che vanno tutelati: ma non ci sono ancora istruzioni ministeriali al riguardo.

L’applicazione letterale delle linee guida farà “virare” l’attenzione e l’impegno degli addetti ai lavori più sugli aspetti sanitari e di profilassi, subordinando ad essi la progettualità didattica. Va ricordato tuttavia – e qualche parola di buon senso per rasserenare gli animi andrebbe detta dal Ministero in giù- che una scuola è soprattutto sede di istruzione-formazione- educazione, non luogo di assistenza custodiale o un ambulatorio medico. A scuola si va per imparare oltre che per evitare contagi.