Sembra quasi che non appena ci si immagina che l’universo si espanda, che, subito dopo, ci si fa l’idea che deve invece contrarsi, rimpicciolirsi. Un’altalena tra diventare più grande e ritornare più piccoli.

Ubriacatura sulla mondializzazione: tutto il mondo è un mercato, magari limitando sempre più regole comportamentali, e a stagione finita, sentire il desiderio di ricostruire palizzate di confine: ciascuno dentro il proprio orticello.

Trumph squilla la tromba in modo più deciso di tanti altri, per dire “torniamo indietro!”. I dazi che imporrà sono ad oggi, i muri più alti che si possano costruire. Fanno più male di quanto ci si possa immaginare. Certe guerre, ormai, si combattono secondo queste modalità. Ricordo ancora gli anni novanta in cui tutti quanti, americani compresi, brindavano felicemente all’apertura di un unico mercato mondiale. Sembrava che uomini, merci e denaro, potessero scivolare bellamente lungo tutti i pendii del mappamondo senza più trovare ostacoli.

Ogni visione parziale veniva cancellata con una perentoria decisione globalizzante.

Adesso, invece, una doccia così fredda che nemmeno gli scozzesi saprebbero sopportare. Le merci non potranno viaggiare né in prima né in terza classe, relegate a soggiornare laddove sono inizialmente zampillate. Il nostro parmigiano reggiano e il grana padano non troveranno accoglienza nei palati statunitensi; stessa sorte ai nostri prelibati prosciutti e questa fila sarà ingrossata persino dal nostro delizioso pecorino romano e chissà da quali altri prodotti nostrani.

Una sonora batosta alla nostra economia. Trumph non è andato per il sottile e adesso questa morsa schiaccerà ulteriormente la nostra economia. Il nostro Governo non credo possa fare alcunché. Sia il primo Ministro che il Ministro degli Esteri sono già stati smentiti dalle misure prese.

Il guaio non è solo riconducibile a quanto stiamo verificando in queste ore, ma trova la sua genesi nella faciloneria con cui si sono fatti i passi per decretare la globalizzazione alla fine degli anni ottanta e lungo il decennio successivo.

Ogni sovranismo produce effetti negativi, ma ne ha prodotti anche una sciagurata tendenza opposta.

Da sempre ho sostenuto le tesi di passaggi moderati, tanto in un verso quanto nel suo opposto.

Diffidiamo, pertanto, dai comportamenti estremisti. Sono sempre pronti a rovesciarci addosso gli aspetti deteriori che all’inizio non sanno scorgere o volutamente nascondono.

Questi sono tempi piuttosto burrascosi e se la saggezza sembra essere andata in vacanza, a farne le spese sono quelli che non hanno saputo, in tempo utile, opporsi ai costumi più scriteriati che la politica via via ci ha consegnato in questi ultimi trent’anni di storia.