Dunque, le Olimpiadi invernali del 2026 si faranno in Italia. A Milano e a Cortina. Così ha deciso il Cio e così, purtroppo, deve essere dopo la sciagurata decisione politica del Comune di Torino di ritrarsi dalla competizione e dopo una gestione da parte della Regione Piemonte del tempo alquanto morbida. Dico questo non solo perché, come neo Sindaco di Pragelato, una delle località olimpiche di Torino 2006, avrei preferito – come quasi tutti i piemontesi, del resto, – una soluzione diversa ma soprattutto perché rischiamo di gettare al vento un patrimonio e una potenzialità che ha concretamente premiato il territorio subalpino dopo le Olimpiadi invernali di 13 anni fa.

Ora, si tratta di capire come si definisce l’intero mosaico. Se il Sindaco di Milano, con la consueta arroganza e altezzosità, chiude ogni possibilità ad una potenziale collaborazione con il Piemonte sfruttando al meglio gli impianti attualmente a disposizione, e’ pur vero che non si può non raccogliere la sfida lanciata dal Presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio per insistere, sino all’ultimo, sul coinvolgimento dei siti delle valli olimpiche di Torino 2006 in vista dell’evento internazionale del 2026. Al centro della discussione, infatti, c’è un solo tema: e cioè, il possibile risparmio di denaro pubblico per la costruzione e l’omologazione di tutti gli impianti per la realizzazione delle Olimpiadi invernali. Su questo, credo, verterà il dossier annunciato dal Presidente Cirio e che sarà sottoposto agli organismi preposti. A cominciare dal CONI e dal Governo con la speranza, seppur non remota, che non ci sia un muro pregiudiziale eretto dal Sindaco di Milano e dal Presidente della Regione Veneto.

Per il momento non resta che una amara conclusione. E cioè, ogniqualvolta la politica, e le relative scelte, sono il frutto di pregiudiziali e di pregiudizi ideologici, l’epilogo non può che essere nefasto e fallimentare. Come è puntualmente capitato con la scelta del Comune di Torino di ritirarsi dalla competizione favorendo così, e giustamente, altri territori e altre località. Scelte, appunto, incomprensibili e politicamente sbagliate.