Lunico elemento positivo che emerge dopo questa campagna contro l’establishment, spenta per motivazioni molto concrete e del tutto comprensibili, consiste nel lento ma inesorabile ritorno della politica. Nel momento in cui declina il populismo anti parlamentare e giustizialista,  vieppiù manettaro, si può ricominciare a ritessere il filo pazientedella politica e dei suoi strumenti.

C’è stato un tema – che poi era “il” tema per eccellenza – che ha permesso ad un partito, i 5 stelle, di imporsi nelle elezioni del 2013 e di stravincere in quelle del 2018. Quel tema si chiama “anti casta”. Era il compendio di insulti, diffamazioni, urla, schiamazzi, offese e attacchi personali di ogni tipo e di ogni sorta rivolti a tutti quelli che avevano preceduto gli alfieri e i protagonisti di quella cosiddetta rivoluzione democratica. Un contesto che ha fatto irruzione nel nostro paese travolgendo tutto ciò che era lontanamente riconducibile alla politica. E quindi partiti, classe dirigente, culture politiche, competenza, preparazione, rispetto della democrazia, senso dello Stato e soprattutto rispetto delle persone. Tutto travolto e riassunto nel micidiale slogan coniato dal guru del partito dei 5 stelle. Ovvero “vaffanculo”. Certo, il tutto è stato preparato, oliato e pianificato da una orchestra di insultatori seriali presenti in vari organi di informazione che hanno cavalcato quell’onda trasformandola in un potente movimento politico. Non possiamo definirlo culturale perchè sarebbe un oltraggio alla cultura e a tutto ciò che ha rappresentato la cultura nel nostro paese.

Ora, però, quell’onda – come tutte le mode che si sono imposte nel nostro paese – si è affievolita se non addirittura scomparsa. I grandi pifferai dell’informazione hanno cessato di cavalcare quell’onda e il partito populista per eccellenza, cioè i 5 stelle, com’era facile prevedere, si sono trasformati in in partito che non solo non contesta più la casta ma che si è trasformata casta per eccellenza. Al punto che oltre ad utilizzare tutti i benefit, i privilegi e le comodità che il potere offre e dispone, sono i più accaniti sostenitori di tutto ciò di cui la casta ha sempre ottenuto. Introducendo, come da copione, quel malcostume politico che, pur di restare al potere ed ottenere gli svariati benefit, li inchioda nel palazzo. Parlo del trasformismo parlamentare e dell’opportunismo politico. Cioè, detto in altre parole, allearsi con tutti pur di restare al potere. Non a caso, per la prima volta nella storia repubblicana italiana, cioè dal secondo dopoguerra, ci troviamo di fronte ad un partito che, misteriosamente e collettivamente, ha rinnegato tutto ciò che ha urlato, sbraitato, giurato e promesso in tutte le piazze italiane per oltre 15 anni. Tutto è cambiato improvvisamente, tutto è stato cancellato e tutto è stato rimosso.

Ecco perchè c’è una domanda attorno alla quale sarà pur necessario dare una risposta. E cioè, la tanto sbandierata anti casta che ha fatto la fortuna di un partito e soprattutto di uno stuolo di personaggi che hanno campato sulla criminalizzazione politica della cosiddetta casta per svariati lustri, è scomparsa del tutto dall’orizzonte politico italiano oppure corre ancora in modo carsico nel nostro paese? Credo sia una domanda legittima perchè, pur trattandosi di una moda del tutto strumentale e finalizzata a colpire determinati avversari per avvantaggiare una precisa parte politica, non può scomparire del tutto dopo una criminalizzazione martellante e persistente e che nel nostro paese – è inutile negarlo – ha sempre trovato facile accoglienza e disponibilità ad essere cavalcata.

In attesa di dare una risposta a questa legittima domanda, credo che l’unico elemento positivo che emerge dopo questa campagna che ormai si è spenta per motivazioni molto concrete e del tutto comprensibili, consiste nel lento ma inesorabile ritorno della politica. Quando parlo di potenziale e possibile ritorno della politica, intendo “la politica dei partiti”, la consapevolezza che senza un minimo di preparazione e di competenza ci si affida “all’uno vale uno”, cioè alla improvvisazione e alla casualità della classe dirigente, alla centralità delle culture politiche e a ciò che storicamente hanno rappresentato nel nostro paese e, in ultimo, ad un decoro pubblico che nei tempi del populismo si è del tutto smarrito e perso per strada.

Perchè, infine, tutto ruota attorno al declino del populismo di marca grillina. Nel momento in cui declina il populismo anti politico, demagogico, anti parlamentare e giustizialista manettaro, si può ricominciare a ritessere il filo paziente, operoso e fecondo della politica e dei suoi strumenti. Speriamo sia la volta buona.