La presidente eletta dell’Ue Ursula von der Leyen ha scritto che: “Sono passati 60 anni da quando il principio della parità retributiva è stato scritto nei trattati europei, eppure le donne in Europa lavorano ancora gratis per due mesi l’anno rispetto ai loro colleghi maschi”, annunciando la sua volontà di proporre “misure che introducano norme vincolanti sulla trasparenza retributiva”.

I progressi in questo ambito avvengono lentamente, come mostrano i dati pubblicati dall’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (Eige): la lenta riduzione del divario medio, in quest’ultimo decennio è dovuta al fatto che se nella maggior parte dei Paesi il divario si sta riducendo, a Malta, in Portogallo e in Slovenia il divario è aumentato di oltre il 3% dal 2007 a oggi.

La differenza salariale più alta tra uomini e donne in Ue si registra in Estonia (25,6%), Repubblica Ceca (21,1%) e Germania (21%). Mentre la più bassa è in Romania (3,5%), Italia e Lussemburgo (5%), seguite dal Belgio (6%).

Comunque non sempre, spiega l’Eige, la bassa diversità è buon segno, perché “può essere una conseguenza della minore partecipazione delle donne al mercato del lavoro”.

Tra le fragilità in questo settore resta l’inferiore numero di donne in posizioni manageriali rispetto agli uomini: nella prima metà del 2019, le donne erano il 6,9% dei Ceo, il 17,6% dei dirigenti e il 30,4% dei non dirigenti.