PERCHÉ ALLA MELONI SAREBBE CONVENUTO ANDARE DA SOLA DA MATTARELLA. BERLUSCONI PERMETTENDO…

Avremmo avuto un segno positivo se la Meloni avesse deciso di andare da sola al Quirinale prendendo su di sé oneri e onori, a prescindere dal risultato finale. Comunque dobbiamo avere ben chiaro che i partiti non sempre lavorano per il bene comune rappresentato dalle donne che scelgono la politica quale terreno per la propria affermazione.   

Dopo aver soggiogato il leader di Forza Italia nella scelta dei Presidenti di Senato della Repubblica e Camera dei Deputati, Giorgia Meloni si accinge ad affrontare il colloquio con Mattarella per l’incarico a Presidente del Consiglio. Ma parte già con uno svantaggio. Al Quirinale si saranno fatti due conti, visti i diverbi nella maggioranza con l’ultima sortita di Berlusconi nella serata di ieri, e avranno cercato una soluzione nel caso non ci fosse il voto a maggioranza nel Parlamento, quando Meloni si presenterà per il voto di fiducia. Non è proprio un’iniezione di fiducia per questo primo leader donna, ma neanche si può parlare di una sfiducia precostituita; piuttosto al Quirinale hanno al primo posto la tutela delle Istituzioni, in questo caso il Governo. Quindi, una soluzione diversa per dare comunque un Governo al Paese va pensata. 

La Meloni tuttavia affronta la “questione alleati” con la dovuta prudenza. Poiché ci si è presentati insieme agli elettori, pur avendo dedicato non pochi giorni alla scelta oculata dei collegi elettorali dove presentarsi, è certamente logico andare insieme da Mattarella, ciascuno con le proprie identità. Qui però la convenienza politica, insieme al peso politico, potrebbe far giocare alla Meloni un ruolo diverso. Una prima osservazione è sul fatto di essere donna. Se fosse stato un uomo, l’opinione pubblica non avrebbe trovato nulla di contrario a che si presentasse da solo, poiché avrebbe considerato la coalizione elettorale per quello che è: un modo per vincere con la legge elettorale vigente il maggior numero di seggi disponibile. 

Qui invece la si vuole fare difficile. La premier in pectore va accompagnata dalla coalizione tutta in modo da rappresentare al Presidente Mattarella quella unità di intenti e visioni del Paese, che era nelle premesse della coalizione elettorale. Ma la comunità di intenti e visioni non è obiettivamente avvenuta, perché questo passaggio politico non si è ancora verificato e, semmai, avverrà nel momento stesso della composizione del Governo, quando i programmi e le azioni che si vogliono intraprendere saranno chiari.  Da una parte la convenienza politica del presentarsi insieme, che giova ai piccoli e non ai grandi, e che ha l’indubbio effetto di far sembrare la Meloni accompagnata dalla sua “corte di consiglieri” al pari di una Regina e non di una Statista quale si appresta ad essere, almeno per le sue ambizioni e speranze.  

Dall’altra, il far sembrare questo primo leader donna con la necessità di “essere accompagnata” dai più esperti soci uomini nella gestione dei rapporti istituzionali. Questa deminutio di certo involontaria – ma non è da escludere una certa premeditazione – non solo si riverbera sulla figura politica del primo leader donna di un partito di maggioranza nel Paese, ma ha anche l’effetto di non voler riconoscere alle donne in politica quella autonomia di giudizio, forza morale e autorevolezza che sono le caratteristiche positive di un leader politico. Atteggiamento diffuso anche a Londra, se lo ritroviamo per la premier Truss, leader traballante dopo solo un mese di Governo. 

E allora se siamo pronti a sostenere pubblicamente la posizione delle donne e a lottare per ogni possibile pensiero, azione, atteggiamento che sia in qualche modo portatore di discriminazione (vedi il recentissimo caso della pallavolista Egonu), e questa discriminazione si sostanzi sempre in un disvalore della figura femminile, avremmo avuto un segno positivo in tal senso se la Meloni avesse deciso di andare da sola al Quirinale prendendo su di sé oneri e onori, a prescindere dal risultato finale, incarico ottenuto o respinto che sia, e avendo noi tutti ben chiaro però che i partiti non sempre lavorano per il bene comune rappresentato dalle donne che scelgono la politica quale terreno per la propria affermazione.