Non terminano certo con la pandemia di Covid-19 i reati contro la persona e il patrimonio. I reati predatori, detti in gergo criminologico “Street Crimes”, sono connotati da una forte carica di violenza sia fisica che non. Rispetto ad altri reati vengono percepiti dalla collettività in maniera più grave.

Questi tipi di reati di “criminalità diffusa”  sono i furti, i borseggi, le rapine, etc. Ledendo tanto la persona quanto il suo patrimonio, creano uno stato di inquietudine diffusa tale da essere questi reati il miglior indicatore della sicurezza/insicurezza di un determinato quartiere, città, Paese. Questi dati, raccolti dalle forze di polizia, erano raccolti fino al 2000 per mezzo del “Modello 165”, basato unicamente sul dato statistico. Dal 1 gennaio 2004 il modello 165 è stato sostituito dal “Sistema di Indagine” (SDI).

Quest’ultimo prevede una partecipazione di tutte le forze di polizia (anche municipale, forestale e guardia costiera) e viene detto quindi “Sistema informatico interforze CED – SDI”. In questa grande banca dati, equivalente dell’ “Anagrafe Tributaria” per il fisco, le polizie, lavorando in concerto, raccolgono le informazioni e i dati acquisiti nel corso di attività amministrative e di prevenzione o repressione dei reati, aggiungendovi altresì informazioni socio-demografiche sia sulle vittime dei reati sia sugli autori di tali reati. Da alcuni dati: lo stile di vita, le opportunità di vita, ed in generale tutto ciò che riguarda la “prevenzione situazionale” (sia lato autore, sia lato vittima), si ricavano gli elementi per mettere in campo una efficace azione di prevenzione.

La “prevenzione situazionale della criminalità” (PSC) si distingue da altri orientamenti criminologici attraverso un procedimento che parte dall’analisi delle circostanze che conducono ad un certo tipo di crimine, introducendo cambiamenti di carattere gestionale o ambientale, al fine di ridurre le possibilità che quel crimine si verifichi. La PSC dunque si concentra sull’opportunità di commettere un reato, ed è quindi portatrice si successi nel campo della prevenzione della criminalità diffusa.

Ospedali, ristoranti, scuole, uffici, negozi, fabbriche, ed altre organizzazioni ed agenzie, dovrebbero attuare le precauzioni più efficaci (ad esempio: videosorveglianza, badge, controllo degli accessi, portierato, etc.) per salvaguardare la loro attività, i dipendenti e i clienti dal crimine. Oggi la videosorveglianza, sia privata (casa, negozio, condominio) sia quella posta dalle forze di polizia e dagli enti locali per i siti istituzionali sensibili, per essere efficace impone un corretto posizionamento delle telecamere, che assicurino una loro visibilità e che evitino che la luce del sole possa oscurare le immagini; la chiara definizione delle immagini; i tempi di acquisizione delle immagini affinché chi visiona i filmati abbia la percezione esatta dei momenti in cui un certo accadimento registrato si è svolto; ed altro. Il supporto che questi sistemi hanno in campo sia preventivo che repressivo è enorme.

E’ necessaria quindi una maggiore conoscenza delle possibilità che il mercato della sicurezza offre al comune cittadino e alle istituzioni, che possono esternalizzare, per quanto possibile, la sicurezza dei loro siti. Una città più controllata è anche più sicura. Un nido in cui la videosorveglianza non è un “occhio indiscreto” ma è essa stessa un metodo di prevenzione sociale del fatto-reato.