Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella continua, giustamente, a richiamare la politica italiana nel suo complesso ad una rinnovata e consapevole unità istituzionale. E quindi politica. Al di là di ogni considerazione, ha semplicemente ragione. E questo per due motivi sostanziali.

Innanzitutto perchè le fasi storiche difficili, o drammatiche come quella che stiamo concretamente vivendo, non possono essere affrontate e governate convivendo con una polemica quotidiana. Polemiche dettate perlopiù da motivazioni di natura propagandistica e legate unicamente a ragioni di sondaggi elettorali.

In secondo luogo l’unità politica e istituzionale non si configura solo e soltanto attraverso maggioranze di governo consociative o confuse. L’unità politica, il più delle volte, e come la concreta esperienza storica ampiamente conferma, si raggiunge se i partiti – o quel che resta dei partiti – sono guidati da personalità autorevoli e qualificate che in particolari circostanze storiche sanno anteporre gli interessi generali, e quindi del paese nella sua interezza, a piccoli interessi di bottega e di natura puramente elettorale. Solo così, nel passato, si sono superate frontali contrapposizioni ideologiche e diffidenze politiche ataviche.

Ora, nell’attuale contesto politico italiano, le forze politiche – e i rispettivi capi partito, non leader politici – hanno la forza, l’autorevolezza e la capacità per recepire sino in fondo i ripetuti appelli del Capo dello Stato? Perchè questo resta il nodo politico per eccellenza. Ma la domanda di fondo, piaccia o non piaccia, è sempre la stessa. E cioè, come è possibile raccogliere e tradurre in comportamenti politici concreti gli inviti del Presidente della Repubblica quando abbiamo forze politiche, nella maggioranza di governo e nella stessa opposizione che fanno del populismo e della demagogia la loro ragion d’essere? Del resto, il voto del 2018, anche se è una data ormai lontana ma che al contempo non si può dimenticare, ha segnato la vittoria delle forze populiste e demagogiche.

Che tali erano e tali restano. E quando la cifra distintiva era e resta il populismo, più o meno enfatizzato a seconda delle convenienze momentanee, è persin ovvio arrivare alla conclusione che le ragioni della unità e della compattezza, seppur di fronte ad una grave emergenza, continuano ad essere sacrificate sull’altare dell’ideologia populista e anti politica. È sufficiente scorrere ciò che dicono alcuni organi di informazione per rendersene conto. È difficile, cioè, molto difficile, offrire una immagine e una prospettiva di vera unità quando la prassi populista continua ad avere il sopravvento.

Ecco perchè tocca, ancora una volta, alle forze democratiche e riformiste della maggioranza e dell’attuale opposizione con una spiccata cultura costituzionale, il compito di tessere la costruzione di una prospettiva di unità, di condivisione e di compattezza politica ed istituzionale. Non per la convenienza politica ed elettorale dei singoli partiti ma per cercare di raggiungere e di lavorare per il “bene comune”. Che, detto fra di noi, era e resta la cifra distintiva della storia e dell’esperienza del cattolicesimo politico italiano.