POPOLARI DI NUOVO IN CAMPO, PER RITROVARE IL GUSTO DELLA BATTAGLIA.

 

Suggestiva l’idea di ripartire con un Ppi sul modello del Partito radicale. Sarebbe anche importante il rilancio de Il Popolo. Tuttavia, guardarsi intorno e pensare al futuro vuol dire capire innanzi tutto le cause che rendono poco incisiva la presenza cattolica nella politica attuale. In prospettiva, il ricambio generazionale dovrà essere il cruccio maggiore di chi ha a cuore la prosecuzione dell’esperienza rappresentata dal popolarismo. Infine, è ancora “accogliente” il Pd? La sensazione è che, avendo deciso di aderire al Partito socialista europeo, esso sia diventato un soggetto politico per il quale l’adesione dei Popolari si è fatta più problematica.

 

Enrico Farinone

 

Suggestiva e tutt’altro che banale l’idea esposta qui qualche giorno fa da Roberto Di Giovan Paolo. Un Partito Popolare che rinasce e si qualifica per iniziativa e capacità di battaglia politica anche radicale quando serve. Senza alcun timore reverenziale nei confronti di nessuno, con uno spirito corsaro atto a stimolare idee e dunque a valorizzare chi ne ha. Una sorta di Partito Radicale à la Pannella, naturalmente con i valori cattolico democratici, consapevole che essi avrebbero tuttora una forte capacità di incidenza e di provocazione se solo li si volesse far tornare in campo.

 

Suggestiva idea, ripeto, e non provocazione intellettuale, come probabilmente taluno avrà ritenuto. Certo, di non facile e scontata attuazione. Non tanto per il suo aspetto organizzativo, posto che, naturalmente, subito sorgerebbero posizioni favorevoli al progetto ma anche contrarie. Quanto per quello propositivo e contenutistico, perché è evidente che bisognerebbe riattivare una serie di connessioni sociali e col mondo della cultura che non sono più state coltivate dai Popolari in quanto tali negli ultimi 15/20 anni, essendo essi (meglio, alcuni fra essi) prevalentemente impegnati nel progetto-Pd. A tal fine sarebbe indispensabile disporre di un luogo di pubblico dibattito e confronto, e di conseguente elaborazione prima culturale e poi politica. Se questo strumento fosse una rinnovata versione de Il Popolo, si tratterebbe di un’ottima notizia. Sarebbe un buon punto di partenza. Necessario, però non sufficiente.

 

Perché v’è un problema a monte, come si sarebbe detto una volta. C’è ancora, nella Chiesa universale di Papa Francesco, in quella italiana del cardinale Zuppi, nel mondo cattolico nazionale la giusta disponibilità verso la promozione (nel senso non banalmente organizzativo bensì di fecondo incubatore di proposte, suggerimenti, stimoli) di un soggetto politico espressione del cattolicesimo democratico, ancorché non impegnato in alcun confronto elettorale? E ancora più a monte: c’è ancora un interesse del mondo cattolico italiano verso la politica attiva (posto che vi sia, come credo, un’attenzione vigilante sulle “politiche”?).

 

Me lo chiedo perché è sotto gli occhi di noi tutti la ritrosia prevalente nelle parrocchie – di per sé già in forti difficoltà sotto tutti i punti di vista, a cominciare dalla inesorabile decrescita del numero dei fedeli praticanti o anche solo devoti – ad anche solo semplicemente accennare alle questioni politiche, ancor più quando divisive, avendo il sacro terrore di perdere, se così facessero, qualcuno dei già non numerosi frequentanti le funzioni e di quelli, ridotti ai minimi termini, disponibili a dare una mano nelle attività sociali nelle quali esse sono lodevolmente impegnate.

 

La crisi reale nella quale si dibatte ormai la chiesa cattolica italiana (non solo essa, peraltro) è un problema col quale misurarsi. Anche se si potrebbe obiettare che forse proprio un’efficace iniziativa politica dei Popolari ancorata a contenuti esigenti potrebbe motivare qualche giovane cattolico ad un impegno che oggi gli è precluso per carenza di offerta operativa e formativa, a causa delle timidezze e ritrosie pastorali cui si è appena fatto cenno.

 

E infatti evidente che una rinnovata azione Popolare potrà essere sì avviata ancora da noi della vecchia generazione, in virtù della formazione che abbiamo avuto la fortuna di ricevere quando eravamo giovani e della passione con la quale, fra alti e bassi, abbiamo condotto la nostra “buona battaglia” nelle cose della politica, una passione che negli ultimi tempi si è un po’ attenuata non solo a causa degli anni che passano ma che comunque al fondo è rimasta perché destinata, in ognuno di noi, a non morire mai. Però è ovvio che una volta dato l’innesco sarà poi prevalentemente compito di nuove leve più giovani, anche molto più giovani, proseguire il lavoro, irrobustendolo e arricchendolo. Ci sono, questi giovani? Vanno coinvolti da subito, e attivamente. L’effetto “combattenti e reduci” non ce lo si può permettere, e ben sappiamo che sarebbe la prima battuta sarcastica che ci pioverebbe addosso al primo vagito del nuovo Ppi.

 

C’è una seconda parte, invece, della proposta di Roberto che a mio avviso richiede una puntualizzazione. Quella della doppia tessera: Ppi e Pd. Con la conseguente e coerente iniziativa dentro a quest’ultimo, in ogni caso non timorosa e non subordinata ad alcuno. Prima osservazione: ci sarà senz’altro chi dirà, legittimamente, che la doppia tessera dovrà essere possibile anche con altri partiti oltre al PD, presumibilmente quelli del nuovo Centro in via preferenziale. E qui ci si ritroverebbe da subito dentro ad un classico della politica, le alleanze. Un problema che è del resto consustanziale alla politica e che non può mai venire eluso.

 

Seconda osservazione, e con essa chiudo per il momento: detto da uno che ha ancora la tessera del PD e che voterà al congresso di quel partito. Esiste un limite. Esiste un limite oltre il quale non si può più rimanere dentro un’associazione che si allontana troppo da quei valori sui quali essa era stata fondata. Da tempo, almeno da quando ha deciso di divenire membro del Partito Socialista Europeo, il Pd ha abbandonato la sua via maestra, a definire la quale anche i Popolari avevano contribuito.  Ora rischia – stando alle parole di molti, candidati alla segreteria e loro sostenitori – di allontanarsene definitivamente. Oltre il limite.