Populisti e sovranisti, l’asse del male antieuropeo

Ad oggi, in Europa, la posizione più coraggiosa sul tema dell'immigrazione è stata quella elaborata ed espressa da Angela Merkel

Articolo già apparso sulle pagine dell’huffingtonpost

Combattere il populismo, specie se congiunto alla percepita incontrollabilità dell’immigrazione, significa adottare tecniche sofisticate di lotta e comunicazione pubblica. C’è chi suggerisce di temporeggiare, evitando ad esempio di inseguire Salvini sul suo stesso terreno politico. Il rischio è che però, rimanendo muta, l’opposizione finisca per apparire ininfluente o peggio corriva con le posizioni oltranziste del leader della Lega. Un conto è capire le ragioni del disagio che genera sentimenti di xenofobia, altro è giustificare indirettamente, al seguito del motto “prima gli italiani”, l’esplosione di questi sentimenti. Bisogna fissare una linea di demarcazione, ben sapendo che si tratta del primo atto di contrasto nei riguardi della piaga etno-populista.

Ad oggi, in Europa, la posizione più coraggiosa sul tema dell’immigrazione è stata quella elaborata ed espressa da Angela Merkel. Minniti, a confronto, è stato meno aperto, sicuramente per il peso in Italia di una pubblica opinione surriscaldata e iper-reattiva a causa della dura propaganda della Lega. Ciò spinge, di conseguenza, a valutare con tutto il rispetto necessario l’enorme sforzo di equilibrio della longeva cancelliera tedesca.

La bestia del nazionalismo, cambiando solo pelle, torna a rialzare la testa nel Vecchio Continente. Come un secolo fa le tensioni maggiori, armate di razzismo, si manifestano lungo l’asse tra Vienna Monaco (con la propaggine ungherese). Qui i due partiti di tradizione cristiano-sociale, l’ÖVP del giovane Kurz e la CSU di Seehofer e Söder, si sono spostati a destra con l’obiettivo di recuperare il voto di protesta. Così facendo, Kurz ha vinto nelle ultime elezioni federali, per poi formare un’alleanza di governo, sotto la sua direzione, con la destra radicale del Partito della Libertà (FPÖ). A ottobre la CSU conta di vincere a sua volta, puntando a riguadagnare la maggioranza assoluta nel Parlamento del land bavarese. In entrambi i casi una medesima politica di mimetizzazione, con il centro radicalizzato a destra, mette a dura prova la fedeltà a una certa tradizione moderata dei Partiti Popolari dell’area austro-germanica.

Contro questa pericolosa involuzione, destinata se non corretta a squilibrare l’esperienza del popolarismo mitteleuropeo, decisamente più conservatore di quello italiano, si è levata la voce del Card. Marx, vescovo di Monaco e presidente della Conferenza episcopale tedesca. Mesi or sono aveva contestato la scelta del Presidente della Baviera, il già citato Söder, diretta a imporre l’esposizione del Crocefisso nei locali pubblici. Un monito, il suo, contro l’uso strumentale dei segni religiosi, che avrebbe motivo di attagliarsi alle scorribande comiziesche a base di rosari e Vangelo cui abbiamo dovuto assistere in Italia.

Punto fermo è che nazionalismo e razzismo, secondo il Cardinale, non sono in sintonia con il messaggio della Chiesa: “L’Europa non deve diventare una fortezza, questa è sempre stata la nostra convinzione”. Poi l’alto prelato ha voluto aggiungere: “La penso come Jean Monnet: l’Europa dovrebbe essere un contributo per un mondo migliore. Creativo, aperto e curioso”. Non sono parole, queste, che possono valere solo per le coscienze dei credenti bavaresi e tedeschi (e per vicinanza austriaci). Le dobbiamo assumere e metabolizzare anche noi italiani, visto per altro che la Chiesa, con i ripetuti interventi del Card. Bassetti, ha stigmatizzato l’atteggiamento oltranzista e violento, in fondo disumano, che sulla questione dei migranti caratterizza la linea del governo a trazione leghista.

Dunque, un conto è discutere sulla razionalizzazione dei flussi immigratori, altro è speculare sulla paura di una ipotetica invasione dall’Africa. Un’Europa aperta non vuol dire una civiltà in procinto di suicidarsi. Occorre proporre una “politica realista”, ragionando sugli equilibri da rispettare, ma senza ignorare l’apporto prezioso dei migranti al futuro delle nostre economie nazionali. L’asse del male, rappresentato dall’unione di sovranisti e populisti, condanna al declino l’Europa che i Padri fondatori hanno pensato prospera e dinamica, come in fondo è stato nel corso di questi 60 anni, con la crescita e l’ampliamento della Casa comune europea. Di questo dobbiamo essere fieri, consapevoli che l’alternativa, quando trascolora nel grigiore della paura e della chiusura, costituisce il vero pericolo per lo sviluppo dell’Europa e il benessere dei suoi cinquecento milioni di cittadini.