Potremmo essere noi quelli del “ buon senso”?

Un movimento cattolico, moderno anch’esso, potrebbe giocare un ruolo più forte se solo riuscisse a individuare la via, da aprire, certo, in maniera il più possibile collettiva.

Mi sembra utile leggere insieme i due articoli pubblicati l’altro ieri sul Domani d’Italia, a firma di Gianfranco Moretton e di Giorgio Merlo.

Consentono una riflessione più articolata su questioni destinate a confluire anche all’interno di quel processo attorno cui ci si sta arrovellando: la possibilità di intuire un percorso valido per dei cattolici italiani. Quelli che Giorgio Merlo chiama gli intenzionati a “ rilanciare e riproporre in chiave laica e moderna la cultura e l’esperienza del cattolicesimo popolare, sociale e democratico”.

E’ indubbio che questa presenza debba far riferimento al nostro principio cardine: partire dalla Persona per tornare a essa, come unica valutazione della coerenza tra finalità indicate e risultato.

Abbiamo l’ispirazione, abbiamo gli strumenti. Tra i primi, l’adesione alla Dottrina sociale, nella sua completezza. Tra i secondi, soprattutto, l’alveo in cui far scorrere la sua declinazione nella realtà delle cose: una Carta costituzionale la quale indica, sin dal suo primo articolo, la concretezza attraverso cui la democrazia si sostanzia e si dispiega pure nella dimensione sociale, oltre che in quella politico istituzionale.

Gianfranco Moretton, esaminando l’oggi, richiama a una costruzione di pensiero e di metodo da recuperare. Ha ragione: fa parte del nostro Dna.

Egli, infatti, parla di “ buon senso”. Quello che nella lingua italiana, Devoto Oli docet, definisce la “ Capacità naturale dell’individuo di giudicare, specialmente in vista delle necessità pratiche”. I suoi sinonimi sono ben dodici. Finiscono tutti per portarci nel pieno di una reale dimensione politica.

Siamo stati costretti nella logica delle ideologie, dai cattolici democratici subita perché adusi ad altra capacità intellettiva e altra operatività politica. Con il “ berlusconismo” ci siamo trovati in una lunga fase di contrapposizione in cui l’ideologismo, tanto aborrito, rientrava dalla finestra con il “ fanatismo” di parte, di tutte le parti. L’invitare al “ buon senso” avrebbe fatto correre il rischio di sentirsi paragonare ai cultori delle “ buone cose di pessimo gusto” di gozzaniana memoria.

Troppo forte lo scontro perché prevalessero il dovere e il senso del governo e le buone intenzioni non fossero derise.

Anche molti cattolici si sono fatti contagiare da quel clima. Sembrava, del resto, forse era, inevitabile. Il confronto politico scuoteva i sentimenti prima che il raziocinio.

Noi siamo finalmente approdati in quella che possiamo definire una “ democrazia  compiuta”.

Nel senso che i cittadini e le forze politiche che li rappresentano possono non ideologicamente sviluppare le loro trame politiche e seguire percorsi inediti. La formazione improvvisa del governo Cinque Stelle Lega ne è la testimonianza più evidente.

Non è proprio quello sbocco verso cui tendeva il realismo e l’intelligenza politica di Aldo Moro. Potremmo persino dire che l’attualità non ci piace neppure tanto. Gli sviluppi della cronaca odierna, però, non sono lineari. Di questo dobbiamo imparare a farne una ragione.

Oggi, in questo mutato contesto, ecco il legame che vedo tra il richiamo al “ buon senso” di Gianfranco Moretton e l’intervento di Giorgio Merlo. Questo “ buon senso” riguarda anche chi, come noi, si accinge a fare il primo passo di un percorso che, nonostante il passato, il quale resta con i suoi pesi nel cosiddetto immaginario collettivo, può divenire originalità e ricchezza portate in dote al Paese intero.

Il compito richiama alla lettura obiettiva di uomini e cose. Mi pare che quella di Giorgio sia assolutamente ampia e corretta. Parto, dunque, da essa.

Evidentemente, la destra appare avanzare tumultuosamente. E’ una destra che a Gianfranco Moretton sembra presentare anche una certa dose di “ buon senso”. E’ presente in quell’insieme di tecnici messi in campo dal Governo. Non sembra, però, riguardare tutta intera la parte più specificatamente politica della destra.

C’è chi si chiede se non possa essere opportuno riuscire a interloquire almeno a livello istituzionale dove questo “ buon senso” accenna a fare capolino. La Chiesa deve farlo e l’ha già fatto nel concreto sul caso dei migranti della Diciotto.

A sinistra, si continua a mancare assolutamente di “ buon senso”.

Il balbettio della sinistra sembra contagiare pure i Cinque Stelle. Essi avvertono il pericolo di un Salvini in grado di sbaragliare sul piano della comunicazione e di quello della sostanza. Egli sta fagocitando l’intero schieramento di destra e di centro destra.

Il leader della Lega esce da quel recinto e finisce per provocare uno” smottamento” di una parte del mondo cattolico. Così, gli uomini di Chiesa appaiono con gli spazi di manovra più ristretti.

Mi chiedo: come potremmo provare a creare dei presupposti diversi con un’iniziativa politica specifica, portata tutta sui problemi del Paese? Riusciremmo a far sì che si allarghino le prospettive, non a vederle ridurre?

Un modo per non restare indifferenti, insomma, di fronte a quella che appare una vera e propria ricollocazione di gran parte del nostro mondo dentro e accanto alla destra.

Si rovescia il paradigma degasperiano dello “ sguardo a sinistra” e pure quello moroteo “ dell’attenzione”? Queste due prospettive politiche, la seconda evoluzione della prima, a seguito di un mutato contesto, non significavano certo mancanza di capacità di discernimento.

Dei possibili interstizi, in cui potrebbe esserci l’occasione per provare a operare tra la gente, si apriranno solo si riuscirà a portare, noi, del “ buon senso”. Il che significa tracciare un ambito di proposte chiare su quattro, cinque temi che interessano tutti, non solo la nostra gente.

Solo così ci libereremmo dallo stato di ipnotizzazione prodotto da quella che Giorgio Merlo chiama “ destra moderna” la quale, proprio perché si dice tale, deve essere sfidata sulle questioni di governo.

Un movimento cattolico, moderno anch’esso, potrebbe giocare un ruolo più forte se solo riuscisse a individuare la via, da aprire, certo, in maniera il più possibile collettiva.

Quella via che potrebbe persino portarlo a sostituire quanto resta della sinistra, come valida e reale alternativa democratica alla destra. A patto, ovviamente, che non ci sia possibilità di confusione tra noi e un Pd e un “ dopo Pd”, entrambi prossimi all’inesistenza.

Ciò richiede, credo, uno sforzo in più per vivere in una realtà che non piace, una ben definita capacità di autonomia, da non costruire come un posizionarsi geometrico tra la destra apparentemente già vittoriosa e i resti di quel ridotto bombardato che ha sempre meno voce nel provare a contrastarla inadeguatamente.

Chissà che non potremmo riuscire a farci trovare pronti a un appuntamento importante, destinato a rendersi concreto quando l’intero Paese riscoprirà la necessità del “ buon senso” cui noi possiamo provare a dare sostanza in modo originale.