Prossimità e territorialità: identità e rilevanza delle opere socio-caritative collegate alla Chiesa italiana.

Pubblichiamo l’astract del contributo che l’autore ha prodotto per il Rapporto della Caritas italiana che ad ottobre scorso è uscito con il titolo “Dentro il Welfare che cambia”. In fondo alla pagina è possibile ricorrere al link che apre sulla pagina del sito della Caritas dove trovare tutte le informazioni, anche con l’opportunità di scaricare i due volumi Ddl Rapporto.

Walter Nanni

Il capitolo descrive il tipo di presenza e di apporto offerto al sistema di welfare da parte dell’insieme di opere socio-assistenziali di ispirazione cattolica presenti in Italia nel corso degli ultimi trent’anni. Lo scopo è quello di comprendere in quale misura tale presenza è stata in grado di influenzare il dibattito e il pensiero pubblico su determinati temi, anticipando di volta in volta istanze e attenzioni successivamente recepite nel sistema di welfare, oppure, al contrario, recependo sollecitazioni provenienti da attori di diversa natura, sia nell’ambito cattolico che in quello laico-istituzionale, e traducendo tali forme di attenzione in opere e prestazioni socio-assistenziali. Il quadro di riferimento è costituito dai quattro censimenti dei servizi socio-assistenziali di ispirazione cristiana, realizzati ad opera di Caritas Italiana, dal 1978 al 2009, in coordinamento con la Consulta ecclesiale degli organismi socio-assistenziali.

Non è possibile affermare in modo univoco forme di primato o di subalternità: nelle varie situazioni, di volta in volta, la Chiesa, espressa in modo visibile dal suo sistema di servizi alla persona, è stata in grado di influenzare i tempi della storia, ponendosi all’avanguardia del dibattito sui sistemi di welfare. In altre occasioni, si osserva invece il retaggio di una zavorra organizzativa e culturale, e una tendenza a lavorare sulla forza d’inerzia del passato, incapace spesso di cogliere in tempo utile le istanze di modernizzazione ed evoluzione del sistema dei servizi.

E’ comunque possibile affermare che nel corso degli anni, assieme allo sviluppo di un moderno Stato sociale nazionale, in grado di rendere esigibile lo spirito solidaristico della Costituzione, la Chiesa ha progressivamente ridotto la sua opera di supplenza operativa, in quanto le sue opere non sono più l’unica risposta possibile a determinate situazioni di bisogno. Accanto a tale decremento, si sono progressivamente amplificate le funzioni profetiche, di animazione e sensibilizzazione.

Nel corso del periodo preso in considerazione, l’occupazione di spazio pubblico da parte delle opere della Chiesa, anche in un contesto di apparente immobilità istituzionale, non corrisponde ad una assenza di discernimento e spirito critico: le fasce più avanzate e progressiste della Chiesa hanno sempre evidenziato la necessità di un cambiamento e di un rinnovato approccio nell’esecuzione e nell’organizzazione delle opere assistenziali. Questo tipo di richiami non sono soltanto appannaggio di punte avanzate minoritarie portatrici di valori trasformativi, ma sono ravvisabili anche all’interno di documenti e posizionamenti ufficiali della Chiesa Cattolica, che hanno indubbiamente influenzato lo stile di presenza, la cornice valoriale e le modalità di lavoro.

Il fatto stesso che per quattro volte la Chiesa è scesa in campo con quattro censimenti nazionali, finalizzati a conoscere e approfondire meglio la propria presenza socio-assistenziale, sta ad indicare una evidente volontà di autovalutazione e di propensione al cambiamento (anche se non tutte le istanze di trasformazione provenienti dai censimenti si sono immediatamente tradotte in percorsi concreti di riforma).

Dall’esame dei rapporti di ricerca dei censimenti, emergono almeno otto dimensioni di analisi, trasversali ai diversi settori di intervento, che evidenziano bene la trasformazione nel tempo del sistema delle opere, la progressiva modernizzazione e soprattutto il tipo di rapporto intessuto tra i servizi e la società civile, il quadro normativo di riferimento, il sistema dei poteri pubblici.

A favore di servizi più simili al modello familiare di accoglienza. L’area dei minori e degli anziani è quella dove maggiormente spicca tale attenzione.

Assetto organizzativo, struttura e risorse umane: è indubbia l’evoluzione del modello organizzativo delle strutture, all’interno del quale si dissolve man mano il peso della componente religiosa a favore del professionismo, del volontariato organizzato, degli obiettori di coscienza e dei giovani del servizio civile, tutte presenze molto rilevanti nei servizi più avanzati e innovativi. Si tratta di un volontariato connotato da «multifunzionalità» (capacità di adeguarsi a diversi tipi di attività), e «pendolarismo» (veloce passaggio del volontario da un servizio all’altro). Un volontariato ampio e popolare, connotato al tempo stesso da un evidente vulnus: il rischio di fornire un’assistenza non continuativa e la presenza diffusa di sacche di personale non adeguatamente preparato e formato.

Attenzione alle povertà dimenticate, emergenti e di grave entità: è uno degli aspetti trasversali più consistenti, presente in modo evidente sin dalla prima rilevazione, e all’interno del quale si osservano le sperimentazioni più evidenti, si pensi allo sviluppo delle cosiddette «strutture leggere», dei segretariati sociali, dei servizi che “vanno incontro all’utenza”, superando il tradizionale approccio di help-desk. Spicca tuttavia un doppio standard: le opere ecclesiali si adattano per fornire nuovi tipi di prestazioni alle povertà emergenti, ma non appaiono sempre in grado di trasformare in senso più innovativo i servizi tradizionali, rivolti ai «vecchi problemi».

Inserimento nella pastorale della Chiesa locale e nazionale: sin dal primo censimento spicca la presenza di una quota di servizi che, pur riconoscendosi nel modello valoriale cristiano, mantiene di fatto una distanza con l’establishment cattolico. E da tale distanza provengono spesso le punte più avanzate di sperimentazione, soprattutto laddove il livello di contaminazione con il sistema delle responsabilità pubbliche appare debole e incerto e laddove i bisogni di riferimento spiazzano l’operatore e spiccano per la loro componente di antagonismo sociale.

Apertura e sinergia con la società civile: i dati dimostrano il progressivo avvicinamento dei due mondi, soprattutto in riferimento alla capacità dei servizi di mettersi in rete tra di loro e di coordinare le istanze di partecipazione provenienti dal territorio. In alcuni casi, è stata proprio la necessità di contrapporsi ad approcci valoriali laicizzanti a spingere verso nuovi modelli di intervento (si pensi alla dicotomia consultori familiari cattolici vs. consultori femminili laici).

Nuova cultura della prevenzione e della promozione umana: l’approccio preventivo dei servizi appare sempre ridotto e sofferto, non sempre in grado di contrapporsi alle spinte più marcatamente interventiste delle opere tradizionali. Ne risulta una situazione di transizione, in cui si trovano giustapposti spezzoni di cultura sociale tradizionale, ancora prevalente, a elementi innovativi ancora non del tutto sviluppati, e che riguardano la dimensione politica e preventiva.

Propensione alla territorialità: rispetto all’isolamento autarchico del passato, emerge negli anni un crescente radicamento delle opere all’interno della dimensione locale, aspetto che si caratterizza anche per l’elevato numero di utenti e anche di volontari inviati dalle parrocchie. Ma il fattore catalizzante di tale processo sono state le varie riforme legislative che hanno progressivamente introdotto la programmazione dei servizi su base locale, imponendo ai servizi la necessità di raccordarsi con la dimensione territoriale.

La collaborazione con le istituzioni pubbliche: nel corso degli anni è innegabile la presenza di legami sempre più forti, anche di carattere finanziario. Esaminando i dati sulla collaborazione con gli enti pubblici in funzione del tipo di attività erogata, si scopre che i servizi dove l’attività è erogata quasi esclusivamente dal volontariato sono anche quelli che vantano un minor livello di collaborazione con i comuni, evidenziando quindi un certo livello di isolamento. Si conferma il forte grado di isolamento dei servizi più tipici del volontariato cattolico, mentre più si va nella direzione dell’innovazione e maggiore è il livello di relazione esterna. Un aspetto critico risiede nel fatto che tali forme di collaborazione non si traducono quasi mai nella capacità di influenzare l’agenda-setting dell’amministrazione pubblica. L’esistenza di una pluralità di forme collaborazioni stabili e codificate rappresenta senza dubbio un segnale di maturazione del sistema, ma che lascia in ombra la quota non trascurabile di servizi ecclesiali che lavorano per il bene comune al di fuori di una cornice di reciproca responsabilità con l’ente pubblico.

 

Per saperne di più

https://www.caritas.it/home_page/area_stampa/00009527_Rapporto_Dentro_il_Welfare_che_cambia.html