Qualche breve chiosa all’ordinanza n. 17/2019

Articolo già apparso sulle pagine di http://www.nomos-leattualitaneldiritto.it

Rileggo a qualche settimana di distanza l‟ordinanza della Corte e, senza la pretesa di aggiungere suggestioni particolarmente innovative a molti pregevoli commenti già pubblicati prima di essa (sulla base del comunicato stampa) e anche dopo, mi vorrei limitare a qualche chiosa seguendo l‟ordine degli argomenti della Corte nel considerato in diritto, soprattutto laddove emergano perplessità.

Un primo punto problematico mi sembra il modo con cui si elude la questione della legittimazione del Gruppo parlamentare come tale, cosa che credo andrebbe ritenuta pacifica per come il diritto parlamentare e costituzionale vigente ha visto crescere il loro ruolo, fino alle novelle regolamentari del 2012. Ora rispondere che “manca, nel ricorso in esame, la necessaria indicazione delle modalità con le quali il gruppo parlamentare avrebbe deliberato di proporre conflitto” sembra criticabile sotto un doppio profilo: il primo, piuttosto evidente, è la sottoscrizione del ricorso da parte di un numero di aderenti superiore alla maggioranza assoluta dei componenti che di per sé manifesta in modo inequivoco la volontà del gruppo; il secondo, come chiarito dal ricorso, è l‟ampio potere di rappresentanza che il Regolamento conferisce al Presidente del Gruppo, ossia la natura „presidenzialista‟ del Regolamento. Basta però già il primo argomento per ritenere eccessivamente formalistica l‟obiezione della Corte.

Resta peraltro piuttosto strano il fatto che una Corte così rispettosa verso l‟autonomia regolamentare delle Camere entri invece in modo così pregnante in quella dei Gruppi; forse ha voluto trovare un argomento per sfuggire al merito della decisione, essendo incerta sul da farsi. Essa avrà però almeno un merito: spingere ad una revisione del Regolamento del Gruppo che intenderà ricorrere (anche) come tale per cui l‟argomento risulterà non più riproducibile in futuro. Sarà il primo caso di una riforma di un Regolamento di Gruppo per dar seguito a una sentenza della Corte. In fondo ex malo bonum.

Un secondo aspetto da sottolineare, in questo caso in senso adesivo, è la riaffermazione solenne della possibilità di ricorso del singolo, nei termini comunque prudenti di cui al punto 3.5 del considerato in diritto, che ha già avuto echi nella vita parlamentare giacché tale argomento si è già prestato ad essere utilizzato da alcuni eletti ma anche da alcuni costituzionalisti rispetto all‟emendabilità delle proposte di revisione della Costituzione e delle intese ex art. 116 Cost, fungendo da prezioso deterrente nei confronti di possibili decisioni di inammissibilità delle Presidenze di Assemblea. Evidentemente per i parlamentari è più prudente minacciarlo come deterrente che non usarlo immediatamente giacché un uso che apparisse affrettato potrebbe ben portare la Corte, per prudenza, a prime sentenze restrittive. In tal senso si è orientato il gruppo Pd Senato di fronte alla decisione quanto mai anomala della Presidente Casellati di dichiarare inammissibile emendamenti sul progetto di revisione costituzionale relativo al numero dei parlamentari che intendevano collegare tale aspetto con le funzioni delle Camere e con l‟elettorato attivo e passivo delle medesime.

Un terzo aspetto da sottolineare, anche in questo caso in senso adesivo, e che forse si può leggere anche, a prescindere dalla volontà della Corte, come monito nei confronti della revisione costituzionale in corso sul referendum propositivo è la precisazione che le decisioni di bilancio sono “il nucleo storico delle funzioni affidate alla rappresentanza politica sin dall‟istituzione dei primi parlamenti e che occorre massimamente preservare”

Il quarto aspetto da sottolineare, invece, di ordine critico, è la contraddizione che obiettivamente si apre tra due aspetti: per un verso si ricorda la convenzione costituzionale Pera-Morando che a partire dai primi anni 2000 aveva configurato “forma di compensazione nel coinvolgimento della Commissione Bilancio nella definizione del testo su cui il Governo poneva la fiducia, tenendo conto delle proposte emendative in quella sede discusse e approvate”; per altro verso, però, si cerca di sminuire la rottura di tale convenzione con un argomento di natura essenzialmente politica, ossia il fatto che “ il nuovo testo recepiva almeno in parte i lavori parlamentari svoltisi fino a quel momento, inclusi alcuni emendamenti presentati nel corso della discussione (si veda la tabella di raffronto contenuta nel dossier del Senato della Repubblica dedicato al maxi-emendamento governativo, edizione provvisoria del 23 dicembre 2018, pagine 15 e seguenti).” (punto 4.4) Ora, a parte la giusta considerazione del qualificato lavoro degli uffici del Senato, com‟è noto le tabelle non parlano da sole e per qualsiasi deputato che abbia partecipato all‟esame in Commissione Bilancio della Camera, al di là di qualche tema affrontato, risulta obiettivamente difficile riscontrare una somiglianza complessiva tra il testo esaminato in quella sede e quello che è stato emendato in Senato, sia in termini quantitativi sia qualitativi.

Ma più in generale: in un sistema bicamerale paritario, l‟essere stata una parte del testo discussa da una camera può giustificarne l‟approvazione senza discussione da parte dell‟altra? E‟ evidente che esiste una certa continuità sui temi e che si riscontra sempre una qualche parentela tra gli emendamenti di una lettura e quelli dell‟altra, ma su questa base si finirebbe per non poter censurare mai nessuna violazione procedurale perché tutti i Governi e le maggioranze potrebbero sempre tentare di utilizzarla. Non avrebbe quindi senso a quel punto affermare, come si fa in conclusione, che “in altre situazioni una simile compressione della funzione costituzionale dei parlamentari potrebbe portare a esiti differenti” (punto 4.5), con quel monito che appare essere la vera sostanza dell‟ordinanza, in analogia al monito contenuto nel discorso di fine anno del Presidente Mattarella.

Pare di capire quindi, in sintesi, che la Corte abbia quindi deciso prima, di fatto, sul merito, ritenendo di doversi muovere in analogia con l‟altro vicino organo di garanzia, avallando sul momento quanto accaduto per evitare mali maggiori, ma volendo porre un serio deterrente pro futuro, e abbia quindi cercato un itinerario argomentativo inevitabilmente difficile tra queste due esigenze. In questo itinerario forse poteva essere omessa l‟osservazione sull‟esame già intervenuto alla Camera perché indebolisce il deterrente finale e poteva magari essere proposta qualche osservazione sull‟importanza di rispettare pro futuro convenzioni costituzionali come quella in questo caso violata fino a trasformarla, sempre pro futuro, in una consuetudine costituzionale.