Dunque, sulla legge elettorale è calato il silenzio. È un copione persin troppo noto per essere  ulteriormente descritto. Del resto, chi ha votato No al referendum del settembre scorso lo aveva  detto sin dall’inizio della campagna elettorale. E cioè, una volta archiviato il capitolo populista e  anti politico del taglio indiscriminato dei parlamentari, tutto sarebbe stato sospeso e archiviato. E  così è stato. Con tanti saluti alla solenne promessa che individuava proprio nella immediata  riforma elettorale la risposta, altrettanto tempestiva, alla riduzione selvaggia delle assemblee  parlamentari per obbedire al diktat populista, demagogico e squisitamente antiparlamentare dei 5  stelle. Un blocco figlio del solito, ed ennesimo, ricatto politico del piccolo partito personale di  Renzi da un lato e della tenace opposizione dei 5 stelle che vivono alla giornata con un solo e  grande obiettivo, come ormai sanno tutti. E cioè, consolidare a mantenere il più a lungo possibile  il seggio parlamentare con i relativi benefit e privilegi. Del resto, una vincita al lotto così insperata  e fortuita non capiterà più neanche facendo un pellegrinaggio a Lourdes. 

Ora, si tratta di capire se, di fronte al progressivo sfilacciamento delle tradizionali coalizioni, frutto  e conseguenza del pesante clima trasformistico che ormai domina incontrastato nelle dinamiche  della politica italiana, sarà ancora possibile introdurre un impianto proporzionale in vista delle  prossime elezioni nazionali. Un impianto proporzionale, con un necessario ed indispensabile  sbarramento almeno del 4-5%, che potrebbe essere la soluzione più logica visto le difficoltà  crescenti a costruire coalizioni e alleanze che ripropongano un progetto politico serio, credibile e  lineare capace di dispiegare una vera cultura di governo. Un sistema proporzionale che avrebbe  anche il merito di dare la possibilità ai vari partiti di riaffermare sino in fondo la propria identità  politica e culturale e la propria ricetta programmatica, pur senza dimenticare l’importanza decisiva  di indicare l’’alleanza e la coalizione con cui si pensa di governare. Certo, il tasso di trasformismo  introdotto nella dialettica politica e parlamentare contemporanea è particolarmente pesante. È  inutile fingere o pensare di nasconderlo tra le pieghe sperando che qualcuno lo dimentichi.  

Ma il proporzionale è, comunque sia, importante per la salute stessa della democrazia italiana.  Seppur consapevoli che non può, un semplice sistema elettorale, sconfiggere da solo la  degenerazione trasformistica della politica italiana. Ma sarebbe comunque un passo in avanti  sulla strada della riaffermazione delle identità politiche e della personalità dei vari partiti, oggi  ridotti a banali comitati elettorali o al prolungamento dei desideri, delle vendette e dei ricatti di  singoli capi sin quando hanno popolarità e peso politico. Una degenerazione, quella  trasformistica, che può essere sconfitta e battuta sempre e solo dai comportamenti concreti degli  uomini e delle donne impegnati nella lotta politica in quel particolare momento storico.  

Non ci resta, dunque, che aspettare che la riforma prenda il volo. Nel frattempo, però, va  denunciata l’assenza di iniziativa, e di coraggio politico, nel non intraprendere una strada che era  stata ampiamente annunciata e unanimemente sottoscritta. A volte, se non sempre, la credibilità  della politica e dei partiti passa anche e soprattutto attraverso l’affidabilità e la coerenza dei  singoli esponenti politici. Tutto il resto è solo propaganda ed ipocrisia.