L’America che ferisce, quella da amare”, Editoriale di Ferdinando Camon in prima di “Avvenire” nel giorno della Festa della Repubblica.
L’America che aveva contribuito al cambiamento istituzionale dell’Italia, ebbe a sua volta una Visione da Due Giugno con il 35mo Presidente degli Stati Uniti.

Nella campagna presidenziale dell’Autunno 1960, nel primo duello TV della storia dei media, a Nixon, che era Vice Presidente e che sciorinava l’importanza, la decisività di un curriculum di esperienze, da navigato, contro la gioventù del quarantatreenne irlandese dei Democrats, Kennedy rispose: “La questione non è l’esperienza, la questione è l’idea [judgment] che abbiamo noi del futuro.”.

L’IDEA CHE ABBIAMO NOI DEL FUTURO. E spostare lì, su quell’Idea, gli Investimenti.
Oggi, attribuendo agli Anni ’60 i simboli della Lambretta e della dolce vita, della lavatrice Candy, non ci si rende conto (se mai ci se n’è resi conto, avendo come unica lettura il boom) di cosa significasse e suscitasse il Decennio in entrata al Gennaio 1960.

Se due Guerre Mondiali di seguito sono il COVID-19, gli Anni ’60 sono i primi anni liberi non tanto dalle guerre, ma da Eisenhower, dai politici militari, dai veterani, dagli ultimi cumuli di macerie da rimuovere. Si entrava nella seconda metà del XX Secolo con generazioni che non avevano/avrebbero messo una divisa, saputo nulla di Churchill e di Hitler, che si lasciavano alle spalle l’Europa degli Stati-Nazione, l’america moralista. Kennedy capì che NON BISOGNAVA CONTINUARE MA DIFFERIRE DAL PASSATO.

E l’agenda degli Anni ’60 se per Nixon era mezza scritta, per John Kennedy era libera. Per entrare nel Nuovo sconosciuto West ci voleva un sogno ed una leadership. Lui impersonificò questo. E questo ‘pacchetto’ – Visione, Scarto dal prima, rischio e investimenti sullo Sconosciuto, Leadership per coinvolgimenti comuni – è quello che non ha più né l’America né l’Occidente.