Dovevano cambiare l’Italia, l’Europa, il mondo. Ma l’Italia, l’Europa, il mondo hanno cambiato loro.

La storia politica, per la verità breve, del Movimento 5 Stelle può essere ben racchiusa in questa espressione.

Volevano abbattere il Parlamento (aprendolo come una scatola di tonno, dicevano), la democrazia rappresentativa attraverso la rete, internet, la piattaforma Rousseau (alla quale partecipano, se va bene, non più di centomila cittadini e tutti ben selezionati), ma alla fine si sono ben integrati nelle stanze del potere, hanno scoperto il fascino, il lusso e, soprattutto, l’agio di poter vivere comodamente nei palazzi del Parlamento e nei vari consigli regionali senza problemi di sorta.

Volevano distruggere l’Europa e l’euro, ma oggi sono a pieno titolo in un Governo che dell’Europa e dell’euro come moneta ne fanno un motivo imprescindibile di politica da seguire.

Che si siano convertiti sulla via di Damasco? Non è questa la lettura più autentica di un Movimento nato come lotta alla politica, di incontri pubblici il cui motivo ideale era costantemente il cosiddetto “vaffa day”.

Il problema è culturale, profondamente culturale! Ossia la mancanza di idee e valori che debbono sempre ispirare qualunque azione politica.

Diceva Luigi Granelli nel suo ultimo discorso del 1999: “Non si può agire politicamente se non si pensa politicamente”. E pensare politicamente significa avere dei riferimenti etici, morali ben solidi.

Il Movimento 5 Stelle in questi quasi tre anni di Governo del Paese ha tirato i remi in barca, ha disatteso i sentimenti di milioni di elettori che avevano votato chi per disperazione, chi per disgusto della politica (ma padre Sorge diceva che “non è sporca la politica, la politica è sporcata dagli uomini”), chi sognava una nuova classe dirigente in sintonia con gli interessi del popolo, dei poveri, dei disoccupati, di coloro che non arrivano a fine mese.

Oggi tutto sembra così lontano e resta la delusione per molti militanti che avevano creduto in una nuova forza del cambiamento. Il risultato è stato, per gran parte di loro a cominciare dal loro capo Beppe Grillo, pronunciare il termine garibaldino obbedisco a Mario Draghi, alla sua idea di Europa, di economia, di moneta unica.

Certo una piccola pattuglia è rimasta a sventolare la bandiera della prima ora: coloro che non votando, astenendosi o non presentandosi per la fiducia al Governo Draghi sono stati immediatamente defenestrati.

Questi ultimi, rimasti ormai senza Patria, pensano a come potersi rilegittimare politicamente attraverso la costituzione di un nuovo movimento e di nuovi gruppi a Palazzo Madama e a Monte Citorio.

Sembra che vogliano usare per questa nuova avventura politica il nome e il simbolo che furono dell’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro. Quanto ad originalità e a riferimenti etici non c’è che dire!

Quando la politica viene meno, le scorciatoie per rimanere in vita son sempre buone, ma si tratta di piccoli espedienti che durano il breve spazio temporale che separa dalle elezioni, perché alle elezioni (e per fortuna) non si vota con la piattaforma Rousseau.