Articolo pubblicato sulle pagine dell’Osservatore Romano a firma del Direttore Andrea Monda

Il problema è che all’Occidente manca la poesia. Secondo Papa Francesco è questo il segnale dell’attuale crisi, lo ha spiegato, in tono dimesso ma con fermezza, nella conferenza stampa con i giornalisti durante il viaggio di ritorno tra Tokyo e Roma. Con precisione le parole del Papa sono state: «Questa è un’opinione personale, ma credo che all’Occidente manchi un po’ di poesia in più. Ce ne sono di cose poetiche bellissime, ma l’Oriente va oltre. L’Oriente è capace di guardare le cose con occhi che vanno oltre, non vorrei usare la parola “trascendente” perché alcune religioni orientali non fanno cenno alla trascendenza ma ad una visione oltre il limite dell’immanenza, senza però dire trascendenza. Per questo uso espressioni come poesia, gratuità, la ricerca della propria perfezione nel digiuno, nelle penitenze, nella lettura della saggezza dei saggi orientali. Credo che a noi occidentali farà bene fermarci un po’ e dare tempo alla saggezza».

Può sorprendere l’invito del Papa ad un surplus di poesia come cura per la crisi della società occidentale contemporanea, un’intuizione che parte da lontano e va presa sul serio e approfondita.

Per J. L. Borges, il celebre poeta di Buenos Aires che con Bergoglio intrecciò una bella storia di amicizia e collaborazione, l’essenza della poesia è il cogliere le cose della vita «in quanto strane». L’uomo vivendo fa esperienza della realtà e prova stupore e meraviglia perché nella realtà trova accanto a qualcosa di familiare anche qualcosa di misterioso, come se le cose celassero un segreto, un di più che non si può spiegare né tantomeno definire. Secondo Borges si può definire un poligono ma non un mal di denti. È questo “di più” che interessa al Papa che invita gli occidentali a guardare le cose con occhi che vanno oltre. Lo diceva bene un romanziere agli antipodi per molte ragioni dalla sensibilità di Bergoglio, Henry Miller che in un breve saggio riflette così sulla creatività:

«Che tu ti metta a dipingere fiori, stelle, cavalli o angeli, in ogni caso comincerai a provare rispetto e ammirazione per ogni elemento del nostro universo. Lo prenderai per ciò che è, e ringrazierai Dio che sia esattamente ciò che è. Rinuncerai a migliorare il mondo, o te stesso. Imparerai a vedere non quello che tu vuoi vedere, ma quello che il mondo è […]. Dopotutto, ci viviamo da poche centinaia di milioni di anni […] e dall’inizio alla fine l’universo rimane ancora per noi un mistero […]. La questione, nel momento della creazione di una nuova opera d’arte, dunque, è: “In ciò che vediamo, c’è più di quello che riusciamo a vedere solo con gli occhi?”. E la risposta è sempre sì. Persino nell’oggetto più umile possiamo trovare ciò che cerchiamo — bellezza, verità, realtà, divinità — e queste qualità non le crea l’artista: lui le scopre soltanto, nel momento in cui inizia a dipingere».

Sul tema dell’eccedenza un altro romanziere come Dostoevskij, questo sì molto amato dal Papa, ha riflettuto a lungo e nella prima parte di un testo molto caro al giovane Bergoglio, Memorie dal sottosuolo, ha presentato la questione introducendo il tema del male e della libertà. Esiste secondo Dostoevskij un’alternativa tra la visione del “due più due fa quattro” e quella del “due più due fa cinque”; nel primo caso è la logica matematica a spiegare il mondo, un mondo però ridotto a “formicaio” dove tutto semplicemente “funziona”, il secondo caso è quello apparentemente assurdo ma più aderente alla realtà degli uomini che in quanto liberi possono anche sconvolgere le premesse logiche e aggiungere quel “di più”, anche nel male e nelle efferatezze, che non fa quadrare i conti. 

Cogliere questa eccedenza vuol dire vivere poeticamente, anzi “abitare poeticamente” come dice un altro artista molto amato da Papa Francesco, il poeta tedesco Hoelderlin che in un verso famoso canta: «Pieno di merito, ma poeticamente, abita/ L’uomo su questa terra». Parole misteriose che hanno affascinato anche un pensatore come Heidegger che a lungo ha riflettuto sul loro significato. Forse l’invito del poeta romantico è quello di andare oltre la mera logica “meritocratica” perché l’uomo fa qualcosa di più, si sofferma sulla cose e trova qualcosa nella sua esistenza che gli sfugge e lo supera indicandogli un destino più grande. 

La poesia, lo sguardo poetico ha a che fare con l’eccedenza, da qui il senso della gratuità che presto si trasforma in gratitudine e riconoscenza. Il problema è che il frenetico Occidente ha spento gli occhi sull’eccedenza e con un piccolo ma significativo “slittamento” ha declinato e ridotto l’eccedenza in eccesso, come ha sottolineato sempre Papa Francesco nella sua prima risposta data durante la conferenza stampa in aereo di martedì scorso: «lux ex Oriente, ex Occidente luxus. La luce viene dall’oriente, il lusso, il consumismo viene dall’Occidente».