RATZINGER AVEVA TESTA E CUORE. “MI PARLÒ DI LA PIRA, CON CALORE”: LA TESTIMONIANZA DI MARCELLO BEDESCHI.

Marcello Bedeschi ricorda il suo ultimo colloquio con Ratzinger. Ne esce unimmagine diversa del Papa Emerito. Man mano che le testimonianze si moltiplicano, la figura del freddo ecclesiastico cede al profilo dell’uomo di fede innamorato della vita reale. Intervista di Lucio D’Ubaldo.

Lucio D’Ubaldo

Costantemente la figura di Ratzinger è stata rappresentata dai media nazionali e internazionali come particolarmente austera, in linea con il ritratto stereotipato di un uomo di Chiesa per un certo verso distante, viste le sue radici bavaresi, dalla sensibilità latina e mediterranea. Gli erano riconosciute grandi qualità di teologo, non fuori però da un quadro di freddezza analitica e concettuale, a conferma di una vocazione al rigore di pensiero, altrimenti percepita come pesantezza, espressione di una solida tradizione filosofica e teologica di taglio teutonico. Solo la Germania poteva regalarci un Papa con queste caratteristiche. E quando un titolo di giornale lo ha immortalato con l’icastica definizione di “Pastore tedesco”, ciò è parso agli occhi della pubblica opinione il fermoimmagine più efficace, se non il più veritiero. Oggi, nelle ore del cordoglio, tutto questo lascia spazio ad una considerazione più attenta a riguardo di una personalità che tanto ha inciso sulla vita della Chiesa nell’arco di più di mezzo secolo – ovvvero dal Concilio Vaticano II ai giorni nostri. Si scopre finanche un altro Ratzinger, man mano che le testimonianze si distendono nel gran parlare di giornali e televisioni, al punto che l’ecclesiastico imperturbabile cede all’uomo di fede innamorato della vita reale.

Piace raccogliere, su questo blog, anche il ricordo molto originale di Marcello Bedeschi, già dirigente nazionale dell’Azione cattolica, con il quale condividiamo da molti anni momenti di esperienza sia nell’Istituto Internazionale Jacques Maritain che nell’Anci, l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani. La conversazione, proprio per questo, ha avuto un tono decisamente amicale.

Marcello, intanto Buon Anno. Ti sapevo, in effetti, addentrato nei Sacri Palazzi, ma non immaginavo che fossi in contatto con Papa Benedetto XVI. Ho letto un tuo messaggio su una chat, a cavallo di capodanno, e sono rimasto felicemente stupito.

Auguri anche a te, Lucio. Beh…il rapporto risale a molti anni fa. Devi sapere che nell’Azione cattolica avevamo tutti noi, membri della presidenza nazionale, il compito di seguire l’attività di alcuni dicasteri della Santa Sede. A me toccò interagire con quello per la Dottrina della Fede – l’ex Sant’Uffizio – diretto da Ratzinger, all’epoca Cardinale. In quel periodo diventai amico del suo principale collaboratore, elevato poi dallo stesso Ratzinger al rango di Vescovo, ovvero Mons. Josef Clemens. Ci siamo sentiti in questi giorni.  

Clemens sarà custode di tanti ricordi…

Eraabituato a redigere una sorta di verbale per ogni incontro. Aveva un legame particolare con Ratzinger. Sarebbe stato un collaboratore prezioso anche durante gli otto anni di pontificato. È molto riservato.

E quand’è che hai incontrato per l’ultima volta Papa Ratzinger?

È stato il 30 gennaio dello scorso anno. Sono andato a trovarlo al Monastero Mater Ecclesiae, in Vaticano, dove ha vissuto per tutto il periodo successivo alle dimissioni, ovvero dal 2013 fino al termine della sua esistenza terrena. Ho potuto fargli visita più volte, anche per portare i saluti del Card. Menichelli, da qualche tempo Vescovo emerito della mia città, Ancona. Voglio ringraziare di questa opportunità in modo particolare Padre Georg Gänswein, il segretario che ha accompagnato il Pontefice in tutti questi anni.

Come lo hai trovato, il Papa Emerito, nel tuo ultimo incontro?

Era lucidissimo, come sempre d’altronde. Abbiamo parlato con una certa tranquillità, a lungo, anche se la mia premura – te lo puoi immaginare – era di non rubare tempo alla sua giornata. Con me è stato persino paterno. Ha chiesto informazioni sul lavoro che stavo svolgendo, sulle ultime novità… Poi, dal momento che parlavamo di Comuni e di Sindaci, in relazione appunto al mio impegno nell’Anci, si è preoccupato di citare La Pira. “L’ho conosciuto ai tempi del Concilio – mi ha detto – perché a parlarmene fu proprio Paolo VI. Un grande Sindaco, un uomo di pace, adesso anche Venerabile: La Pira ha dato molto all’Italia e alla Chiesa”. Dentro di me è salita la commozione nel sentire questo elogio di Papa Ratzinger. La Pira, infatti, è stato ed è tuttora un riferimento straordinario per i cattolici impegnati in politica.

Non temi che sia stato un accenno di cortesia? Papa Ratzinger che s’intrattiene sui temi delle autonomie locali…non è inaspettato?

Che dire? A me non ha dato la sensazione di un discorso di circostanza. Anzi! Prima di salutarmi ha insistito su un aspetto: le comunità ecclesiali devono collaborare con le comunità locali. C’è uno scopo ultimo, comune a tutt’e due le sfere, quella religiosa e quella civile, che consiste e riguarda – mi ha detto chiaramente – il bene dell’uomo nella sua interezza. Ecco, tu puoi anche affermare che il richiamo sia “inaspettato”, ma penso di poter dichiarare con semplicità che tanti aspetti di Papa Ratzinger potranno essere riconosciuti in futuro come inaspettati in virtù di nuove e più abbondanti testimonianze.